Note a margine n. 76

UOMINI E MERCI

Riesco a capire il punto di vista delle diverse sinistre del nostro paese e, in una certa misura, anche il loro odio verso la persona del Premier. Il quale, tra le altre cose, ha fatto di tutto per non farsi gradire né, tanto meno, amare da molti.
Riesco anche a capire i motivi che agitano bellicosamente l’ opposizione politica sin dal primo giorno dell’ insediamento dell’ attuale Governo dopo aver riscosso la maggioranza dei consensi elettorali.
Riesco persino a capire l’atteggiamento aggressivo ad personam di una opposizione che si è manifestato nelle più impensate sedi istituzionali.
Riesco finanche a capire le scelte operative adottate dagli avversari politici del Premier impegnatisi a tutto tondo ad ostacolare, ad impedire, a boicottare, a sabotare qualsiasi attività del Governo, con la mira della sua caduta e di prenderne il posto, pur senza mai esporre pubblicamente un benché minimo programma alternativo. Eppure, dico, ben venga il cambiamento se è questo che vorrà l’ elettorato. Sono un cittadino ‘datato’, archeologia sociale, non posso che professare le regole democratiche. Non riesco ad ammettere alternative.
E riesco, sia pur con sforzo, a capire perché mai l’ opposizione abbia trasformato in guerra quello che doveva restare un vero agone politico col rigore delle regole democratiche formali e sostanziali, una guerra senza esclusione di colpi.
Come si dice: à la guerre comme à la guerre. Solo che non doveva essere una guerra.
Capisco un po’ meno perché siffatta classe politica, malgrado il valore intrinseco di molti dei suoi militanti, si sia fatta prendere la mano da un manipolo di sconsiderati, violenti nel gesto e nella parola, e si sia impegnata esclusivamente in una pregiudiziale attività disfattista attraverso una continua guerriglia costituita da incursioni, raid, spionaggio, agguati, attentati, trabocchetti, prigionieri-ostaggi, omologando, in tal modo, un precedente indelebile che conserverà i suoi effetti perversi anche dopo Berlusconi. Berlusconi passerà, i metodi omologati resteranno. Davvero una brutta ipoteca sulla futura governabilità del Paese e sulla libera volontà dell’ elettorato che si vedrà praticamente sottrarre la propria sovranità. Nessuna buona causa può giustificare un simile scempio ai danni di un popolo che ha urgente bisogno di buoni esempi, e di vedere come si possa reagire democraticamente verso un avversario politico, senza macchiarsi di colpe e responsabilità che, quanto a immoralità e al pregiudizio che comportano, non sono certamente più tenui di quelle che, a torto o ragione, si contestano, si criticano e si intendono opporre.
E capisco ancora meno come mai questa opposizione possa attendersi che, una volta al governo del Paese, tutto rientri immediatamente – come per incanto – nei limiti della normale dialettica democratica, spontaneamente si distruggano le armi, si riassettino i poteri, ritornino le regole e i principi a prendere il posto degli abusi, degli arbitri. Non ci si illuda: se per abbattere il malvagio avversario si accetta di usare la bomba atomica, si vince la guerra ma si autorizza un’ arma esiziale che mette in pericolo la futura sopravvivenza della civiltà che rimarrà per sempre ‘sottoschiaffo’, ed ogni regola andrà a farsi benedire, a scapito di chiunque. Il terrorismo della minaccia dell’ arma letale non troverà certo un ostacolo nella Carta Costituzionale, nella Dichiarazione Universale dei Diritti, nella Convenzione di Ginevra, etc.
Sia nella pacifica convivenza sia nello scontro l’ Umanità da sempre ha avuto bisogno di regole che le garantiscono la sopravvivenza civile; la legge del più forte è barbarie, è disumana ed è illusione, perché è soltanto momentanea, instabile: c’ è sempre uno più forte, più spregiudicato, più canaglia pronto a prendere il posto del comando e, certamente, non con mezzi democratici. Ogni lupo trova sempre un lupo più famelico di lui che lo divora.
Tutti dovremmo tenerci davvero alla libertà democratica, ai sistemi e ai metodi democratici, sia i ‘buoni’ che i ‘cattivi’. Tutti dovremmo difenderli e professarli praticandoli ad ogni costo, rinunciando all’ incanto delle parole e dei proclami, e alla illusione di percorrere comode vie traverse che aprono la strada ai pericoli del caos sociale.
Quello che non capisco davvero è il tradimento di un patto, che in politica, non è un patto tra politici ma è un patto col popolo, una promessa solenne. Chi tradisce, qualunque ne sia la ragione, è un opportunista, un profittatore, non ha senso dell’ onore.
Chi non condivide più la politica del proprio schieramento in cui è stato eletto deve lasciare il suo posto in politica. L’assenza del vincolo del mandato è soltanto un principio giuridico ma non anche politico, non anche morale. Per l’eletto dal popolo non esiste il diritto alla spregiudicatezza, alla disonestà, alla impudenza, all’ inganno, alla frode in danno del cittadino. Una persona retta questo lo sa bene e sente il dovere di adeguarsi agli impegni o di dimettersi. Altri, invece, antepongono interessi personali e di convenienza. Da qualunque parte essi si trovino, teniamoli d’ occhio, sono infidi, sono in vendita per soldi o per prospettive, la loro parola non ha valore: non affidiamogli più le sorti del Paese. Comunque la pensiamo, tutti noi abbiamo il dovere di provare a dare il meglio a questo nostro Paese allo sbando, di avere il coraggio di promuovere, di bocciare. Amici e avversari che siano. Siamo liberi fedeli ma non fideisti gregali. E assumiamoci le responsabilità che conseguono alle nostre scelte.
Quando vengono a chiedercelo, prima di dargli il nostro voto, prima ancora di accertarci di sapere da che parte dichiarano di militare, accertiamoci che siano stati e siano uomini e non merci.

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