Note a margine n.14

PARTECIPARE AD UN BLOG

Helena, una dei pochi lettori e pochissimi interlocutori che intervengono sulle pagine di questo mio piccolo blog che sopravvive di stenti, col consueto suo garbo e senso della misura, a commento delle note n. 12, espone le proprie motivazioni ostative ad un più ampio confronto, paventa il relativismo contingente che può animare l’espressione di un pensiero, auspica una ritrovata spinta a varcare la soglia di casa per renderci conto di quanto si possa essere vitali di fronte ad ostacoli la cui consistenza è, spesso, alimentata proprio dalla nostra pigrizia, anche mentale, e che, anche per questo, ci trovano soccombenti. Più facile cambiare casa, o rinnovare l’impianto idraulico della cucina e del bagno, o tutto l’arredo di casa che non aggiornare una idea.
Partecipare ad un Blog: le regole? Le stesse due più comuni e fondamentali fatte e osservate dalle persone civili: Art. 1. Comma 1) rispetto; Comma 2) rispetto; Comma 3) rispetto; e l’art. unico del vero essere pensante: Comma 1°) Ciò che pensiamo veramente non si identifica con la verità. Comma 2°) Ciò che pensiamo oggi non è certo che lo pensiamo anche domani; Comma 3°): teniamolo sempre ben presente e regoliamoci di conseguenza. Le variabili casuali sono sempre in agguato, ricorda giustamente Helena che ringrazio caldamente per la sua attenzione e per il tempo che ci dedica ‘uscendo dal riccio’. Amo, tuttavia, pensare che i lettori siano di più di coloro che poi intervengono. Ma forse pecco di ottimismo.
Mettere in difficoltà. Vero, verissimo anche questo. Ma qui non siamo a seguire un corso, o a sostenere un esame o prenderci un diploma, siamo soltanto a mettere assieme del cibo per preparare una tavolata e sedervisi assieme a tutti coloro che accettano di farlo, spezzando il pane e bevendo il vino assieme. L’invito è esteso a tutti. Chi ha da portare qualcosa lo faccia; chi non ha nulla da portare, porti la propria fame e la propria sete: nulla andrà perso e tutto sarà stato utile, anche lo scambio di ricette che tutti aggiungeranno alla lista delle proprie. Poi, sceglierà liberamente di provarle o di scartarle a priori senza pensarci neanche.
Certo, esistono orde di persone che cercano disperatamente un rimedio vicariante dei propri insuccessi o semplicemente alle proprie frustrazioni, in cima alle quali campeggia l’ insaziata vanità ferita a morte, più che altro, dalla modestia dell’apparire mediatico, attuale condicio sine qua non per la felicità; e questo lo hanno trovato, a propria misura, in un rozzo, chiassoso e rissoso ‘attaccare’ che non pare lasciare scampo e che, spesso, l’”attaccato” alimenta, suo malgrado, tentando una replica destinata, sempre, a fallire, considerata la pregiudizialità preordinata dell’ interlocutore. Ma la vita è fatta anche di questo; di volta in volta, sceglieremo se sia il caso di far morire di inedia le polemiche aspettative altrui o se cercare un terreno dove tutto possa trasformarsi in un sereno, serio e civico confronto, aperto e trasparente ( ove ce ne siano le condizioni, prima fa tutte la buona conoscenza del linguaggio con cui comunicare ).
Una volta sentivo ripetere: italiani, buona gente. Non era vero per tutti, ma me ne rallegravo ugualmente. Oggi, negli anni tardi, non vorrei sentir dire: italiani, gente alla buona. Non sarebbe vero per tutti ma mi spiacerebbe ugualmente.

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Una risposta a Note a margine n.14

  1. helena ha detto:

    E se mi sparisce anche questo, e che non so più dove andare a ripescarlo, avrò buttato via il mio misero tempo, dimezzato forzatamente dal fatto di vivere due terre, e non solo due terre, ma due realtà troppo diverse, che non si assomigliano e che forse non riescono neanche a cercarsi: e per me che le amo tutte e due, più che un problema, è quasi un dramma; come fare a mettere in equilibrio i due piatti della ‘stadera’ ( si dice così ? ) a volte mi è anche capitato di non aver bene ricordato il significato di una parola, era la parola “prefigurato”, che a me sembrava avesse avuto due significati, il secondo dei quali, e usato solo in casi specifici, era : “simbolico”. Ma forse così non era, e sono andata perfino ad irritare sensibilità di persona che mi era cara, e che ero così entusiasta di avere, per puro caso, incontrata. E’ stato l’uso improprio (?) di questa parola, a strapparmi dalle zampe quell’ossicino che mi ero guadagnato e che con tanto piacere mi stavo gustando ? Chi lo sa, forse, e forse, soltanto forse! Ecco il tempo che devo ben dosare: mi obbliga a smettere. Ci riprovo domani ad andare avanti. Ciao, bella parola, se non ricordo male, viene dal veneziano “schiavo” , o forse sbaglio.

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