Note a margine n.15
MI PREFIGURO…
…intanto voglio rassicurare Helena: tutti i suoi commenti pervenuti nel mio blog sono sempre stati pubblicati e lo saranno poiché ho la certezza che daranno il loro consueto apporto, puntualmente apprezzabile nel calibro della forma e dei contenuti, come conferma il suo intervento in calce alla mia nota n.14.
Quanto ai suoi dubbi critici-lessicali (che ciascuno si dovrebbe portare appresso come un amuleto apotropaico contro il rischio-strafalcione), vorrei aggiungere. Se posso.
Mi accade non raramente di usare il termine “prefigurato” sul quale si è soffermata l’attenzione della interlocutrice. Come quasi tutte le altre parole italiane, in genere della serie “quattro stagioni”, esso dispone di più significati calzanti all’uso richiesto dal contesto.
In senso strettamente letterale che fa capo al tardo latino (nella fattispecie, lingua dante causa) dobbiamo rifarci a “prae-figurare”, nel senso di prevedere, descrivere nella mente o rappresentare con anticipo, eventi, oggetti, persone che, non essendo ancora attuali o accadute, o accadute ma non (ancora) conosciute dal soggetto agente, possono soltanto immaginarsi e, quindi, raffigurarsi solo col pensiero (e, volendo, possono tradursi solamente con espressioni esterne che ne siano un simbolo ma non la effettiva raffigurazione corrispondente, mancando il punto di riferimento concreto). Si spazia dai fatti biblici, all’ isola dei nostri sogni, al Paradiso, al volto del Signore che ci fece a sua somiglianza. E più terra terra, ai maschietti che, sotto un visino d’angelo muliebre, come per riflesso condizionato, si prefigurano sempre un paio di gambe all’altezza. E magari prenderanno schiaffi dalla delusione. A meno che non abbiano cominciato dal verso contrario, come s’usa oggi.
Prefigurarsi come sarà la propria vita matrimoniale è il pensiero che assilla il sonno dell’ultima notte da celibe o da nubile di due poveri condannati da un destino che tresca con l’amore…, specie se già si tratta di due consumatori abituali della parte più gradevole…
Prefigurarsi le follie rese possibili da una grossa vincita al “gratta e vinci” è cosa assai diffusa tra coloro che ci provano; sempre meno, tuttavia, di coloro cui resta solo il “gratta”, da “gettare cortesemente nell’apposito cestino messo a disposizione della gentile clientela” ma il desiderio di sbatterlo da tutt’altra parte.
C’ è, pure, chi, ottimista, (si) prefigura sperando, auspicando, vagheggiando, confidando, “desiderando che”, “temendo che non” e chi, pessimista, (si) prefigura “temendo che”, “desiderando che non”: timeo ne/timeo ut. Ma ci sarebbe da dirne.
Stop. A questo punto, io (mi) prefiguro, tuttavia, qualche storcimento di bocca. Figuriamoci!
Servus!
……ma perchè non rispondete ! Io un Professore così, quando frequentavo il mio liceo, lo avrei adorato, e avrei fatto apposta a fare nei miei temi in classe, in modo particolare, almeno uno strafalcione, di quelli da ‘segnaccio blu’ da ripassare quattro o cinque volte avanti-indietro col matitone bicolore, almeno non mi sarei annoiata a dovermene stare seduta, costretta a cercare rimedio, prefigurandomi, dietro quegli invitanti finestroni, chissà quali delizie climatiche, soccorritrici di tanta sventura. Non sto scherzando, professori così ci vogliono nelle scuole, per tenere viva l’attenzione di quei poveri ragazzi che troppo spesso la mancanza di adeguati insegnamenti. o di monotona routine, distrae la loro attenzione da quello che dovrebbe essere invece piacere ed interesse per l’apprendimento di quello che hanno scelto di studiare! Ciao.