Note a margine n. 679

NEMMENO PANDORA

Dopo il fetido scoperchiamento pandorico passato alle cronache e alla Storia unitamente ai nomi Palamara, Amara e &, c’era ragionevole speranza che la parte più degna della magistratura ritrovasse un sussulto di sano orgoglio e reagisse per riaccreditare l’ intera categoria, e che cercasse e trovasse lei stessa – per prima e con decorosa autonomia – il recupero di quanto perduto quanto a stima, a fiducia, ad onorabilità e ad affidabilità che i cittadini devono necessariamente e fideisticamente potere nutrire verso gli operatori di Giustizia.

Devo ammettere, tuttavia e assolutamente mio malgrado, di non avere potuto cogliere nemmeno minimi segnali in tali sensi. Parlo di segnali seri, non di polveroni. Anzi.

Ho potuto percepire – con la sensibilità di vecchio operatore nel campo e che ha visto e vissuto ben altre realtà e stature professionali, umane ed etiche – un massivo e vasto campionario di diffusissime espressioni di arroganza e di sprezzo che da ogni parte di quest’Ordine sono state scagliate, più o meno direttamente o con artificio di capziosi arzigogoli, contro il Popolo italiano. Ostilmente considerato rozzo, da tenere sottomesso, ignorante, e immeritevole – perché non ha studiato abbastanza per chiedere un referendum – che a gran voce invoca, tramite sei quesiti referendari presentati in questi giorni, una equanime riforma della Giustizia. Che da troppo tempo ci abbisogna come l’aria e da altrettanto troppo tempo ci viene denegata e ci tiene ostaggi. Prepotenze e viltà? Un rifiuto trincerato, generalizzato tramite menate e lezioncine per tutti, oltre che per il Popolo bue, scartato, estromesso, spogliato della sua sacrosanta funzione di democrazia diretta: la Cassazione, la Corte Costituzionale debitamente avvisate con avvertimenti di indirizzo. Non sappiamo ancora tutto, ma sappiamo già abbastanza. Anzi, fin troppo.

Sento una brutta puzza di ‘Giustizia è cosa loro’. Ho potuto leggere che qualcuno di grande spicco, senza mezzi termini, abbia persino chiamato la categoria a “reagire”. E questo – considerati i possibili mezzi di “reazione” – è ignominiosamente inaudito, e davvero disperante. D’altro canto, non speriamo in un miracoloso cambio delle cose; non sarà nemmeno sufficiente una equilibrata riforma normativa della Giustizia che – nel migliore dei casi – potrebbe avere qualche esito positivo solo per arginare i casi ‘patologici’, se, invece, certe pericolose mentalità, più o meno surrettiziamente, sopravvivranno indisturbate. A cominciare dall’idea che indipendenza equivalga a insindacabilità.

Nel totale silenzio delle Istituzioni.

Povera Patria mia. Amara terra mia.

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