ESTERNAZIONI DI MERDA
Almeno a certi livelli – intendo quelli istituzionali, ancora oggi, nonostante la diffusa e notoria bassezza scaturita dal vaffarismo – non si dovrebbe mai dimenticare il motto “noblesse oblige” che fa da freno alle esternazioni becere, volgari, da trivio. La rappresentanza del Popolo sovrano è un’investitura impegnativa che comporta oneri particolari, maggiori e ben più rigorosi dei quelli che incombono sul cittadino comune. Anche il cafone o il vastaso che l’abbia ricevuta in sorte per via di una di quelle misteriose vicende della vita che prescindono dai meriti e premiano il cozzalo, il ruttomane, il buzzurro, la prima donna dell’étoilette, etc., prima o poi imparano ad adeguarsi, alla men peggio, alla civile sacralità del ruolo ricoperto. Ovviamente, esistono le eccezioni; casi in cui l’oscenità e l’indecenza hanno attecchito con radici profonde, nascoste allo sguardo che si fermi, incautamente, al colletto bianco. E perciò, una nomination speciale ai mascalzoni. In questi giorni, per bocca di qualcuno di questi personaggi di spicco, travestiti da ‘signori’, ne ha risentito pesantemente persino il comune senso del pudore, già al minimo sindacale. Casi che, in tempi non molto lontani, sfociavano nelle immediate dimissioni e che oggi, invece, si manipolano ex post con logorroica impudenza e si giustificano con funambolica camurria da parte dei manutengoli che operano di buona lena a favore dell’amnesia e dell’acrisia. Due diffuse patologie italiane. Resta, tuttavia, che soltanto sul campo di battaglia, all’opera, si capisce se sei nobile cavallo o solo asino bardato.
“La parola che tu trattieni in te è tua padrona; quella che tu dici è tua padrona”. Factum infectum fieri nequit. Chi ha rubato è ladro, chi ha profferito un suo pensiero scellerato è infame. Per non scendere ai suoi livelli, rinunciamo a rispondergli alla sua stessa stregua, tanto per essere certi di trasmettergli sulla sua stessa lunghezza d’onda e di farci capire. Il vocabolarietto delle logoabiezioni non ci è ignoto, e la fantasia creativa per accocchiarle assieme non ci manca, come incautamente il nostro laido campione potrebbe pensare. Ma, almeno, si ravveda. Non a chiacchiere zaraffe. E per farlo per davvero, lasci il posto per il quale non è assolutamente all’altezza, si faccia dimenticare, invochi pure il diritto all’oblio; ma se ne torni a casa; sempre che in famiglia lo accettino ancora. Al netto dell’ opulenta busta paga che, ovviamente, compra anche l’asilo domestico. Ma che schifo di gente è?!
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