CARRO DI TESPI
Forse, farebbero ancora in tempo; fino a prova contraria potrebbero essere ‘brave’ persone. Magari sfigate. Il problema sorge quando la prova contraria c’è, testata e ritestata, epperò non la si vede o non la si vuole vedere. O non lo si può dire. Perché la banda bassotti non perdona e il potere inebria, si fa sentimento d’onnipotenza, vendicativo, ritorsivo. Magari, presi in disparte, uno per uno, sono qualcosa tipo scappati di casa; e se si risale sino ad un momento prima della investitura, emerge distintamente l’umana, patetica compilation di maschere dei poveri a lui, dei mantienimi che ti mantengo, degli sfilazzi, degli sfridi, dei fox trop, dei cape alla sciocque, degli stupiditacco e di punta, dei refusi, degli errata corrige, dei disguidi, dei rimandati a settembre, dei dispersi scolastici, dei virgolettati, dei declinati ad libitum, dei perdenti di concorso, dei petomani, dei poliastinenti in crisi, dei p.s. e delle n.b. A, vabbè, pure qualche figlio di mamma free e di famiglia a statuto speciale. Insomma, una ruspante carovana guitta e cantimbanca che porta in scena un insulso cartellone variabile a chiacchiere, all’ impronta, alla picara, zeppo di pataccherie e tralallerie. Ai crocicchi ci si assembra per un ballo non in maschera. Uno stragicomico carro di Tespi che trascina a fatica le pesanti ruote nel fango, con tutti che vogliono restare a bordo e nessuno di loro che scenda a spingere. O soltanto per mettersi in disparte, per alleggerire il carico. Pubblico in sala – pardon, in piazza – quello che resiste, abbozza e tritura tra i denti le peggio parole, che non ne valeva la pena scomodarsi, confidando in chissacchè. Al netto degli scettici, il confidare è un delirio ideologico. Ma, come per incanto, non c’ è il divertimento, la gente s’è rotta il sollazzo. L’atmosfera è senza vita. Ma la covida è la covida. Il faut.
Oggi, lungo la strada, un paio di buffoni seri professionisti ci sono passati accanto. Hanno guardato a lungo il carriaggio, avviliti in silenzio, e hanno scosso con gravità la testa. Ho udito qualcuno di loro commentare sottovoce e all’indirizzo di quell’accozzo: “Dio, che tempi!”. Affrettando il passo, hanno tirato avanti e, facendo le corna scaramantiche, si sono portati appresso nenie di borbottii inconfondibili e irripetibili. Agli avi e ascendenti dei traccaballeri investiti devono aver fischiato pesantemente le orecchie. Dio non ha risposto, che quello sa già tutto e fa finta di niente, come se non esistesse; egli altri non hanno diritto di parola. Titoli di coda. A’ vous.
La banda Bassotti perlomeno é passata alla storia nel secolo diciannovesimo.
Nel secolo XX la Banda degli scappati da casa ha un marchio di qualità: tutti si sono rigorosamente limitati alla quinta elementare e quindi sanno apporre la loro firma, migliorando l’uso loro proprio del segno di croce-