FESTIVAL
Per mia conoscenza diretta e non per un indigente sentito dire, ritengo di poter affermare che, da parte della Tv nazionale, l’uso del titolo ‘Festival della canzone italiana’ con l’aggiunta del num. ordinario 70° (subdolamente sviante in quanto suggerisce una ormai inesistente continuità di una nostra tradizione) sia in frode alla realtà che ogni cittadino – peraltro, contribuente di un prezzo camuffato in tassa – ha diritto di conoscere con trasparenza critica e non con condiscendenza gregale. Ma, nonostante il chiassoso rumore che l’ evento/spettacolo ha pacchianamente sollevato, poco per meriti propri e molto e soprattutto per il provincialismo e il fiancheggiamento di pseudo giornalisti, spesso digiuni di lingua madre, di dignità professionale e di capacità critica musicale, gonfi, tuttavia, di autoreferenzialità, la settimana santa è passata tra gli osanna… Una sbobba che, peraltro, ha persino miscelato elementi guitti e strapagati – esogeni e del tutto fuori tema – con sconcezze profananti e con sceneggiature scritte a 8 mani e marionettate sul palco pour èpater les bourgeois da personaggi ben definiti e imposti allo spettatore, soggetto passivo del potente mezzo televisivo usato impropriamente, impreparato o infastidito. Ovviamente, il pezzente mentale, potrà continuare a dire: ‘nessuno ti costringe, cambia canale’, così meritando a pieni voti la suddetta definizione. Per quanto mi concerne, tranne la sceneggiata predicozza nei suoi picchi davvero ‘divertenti’ (per non dire altro) in casa abbiamo guardato altrove. Ci è bastata l’eco indigeribile della stampa markettara e, sovente, sgrammaticata. ‘Capisco che deve essere dura…’, ma come non rammentare le belle canzoni dei tempi andati?