TAGLIONE, PROSSIMO E LIBERO ARBITRIO
Non mi sento in grado di misurare quanta saggezza ci sia nella regola del taglione e quanta in quella dell’ama il tuo prossimo. Accade che si smetta di pensarci quando, dopo un lungo percorso di vita in altro verso, ti assale e travolge l’amara sensazione che tutto sia una ingannevole struttura, un puro apparato che pochi riscontri trova proprio in quelle realtà dalle quali è lecito attendersi punti di riferimento cui affidarsi. Si può essere probi o, almeno, si può mirare ad esserlo, anche a prescindere da esempi significativi; ed essere improbi, anche non volendo, pur professando una religiosità. E troppe sono le sfaccettature che può presentare il fondamentalismo, sempre in agguato, un pericolo che, però, incombe esteso molto di più di quanto si possa immaginare sulle ragioni e sulle fedi. Il rischio sfiora tutti.
Peraltro, io conto molto poco sulla verità del libero arbitrio. Gli do credito zero. Mai trovato un testimone davvero attendibile sull’argomento. Forse è solo un assioma a sostegno della nostra pochezza e per imputarci la responsabilità delle nostre azioni. Amiamo e odiamo soltanto per ciò che ignoriamo dell’altro. Per tacere dei contesti. L’intimo disagio per i nostri infiniti limiti nel conoscere, nel sentire e nel fare, ci richiama di continuo alla cruda consapevolezza di una libertà vigilata, e diventa sconforto, sofferenza per chi si risveglia dal torpore indotto dal sapore delle ninnenanne che a lungo ci hanno fatto sognare della libertà mentre, invece, eravamo calati, full immersion in una specie di Truman show. La delusione diventa tristezza disperante, sgomento.