UNO VALE UNO?
L’ecoballa dell’uno vale uno teorizzata ad hoc pour épater le bourgeois a scendere, col miraggio di un egualitarismo per editto, là dove la natura, invece, l’ha negato in ogni cosa, non poteva che trovare humus fertilissimo in quella parte di italioti culturalmente astinenti o indigenti, o che siano inciampati di malavoglia o indolenti nel fastidio degli studi. O che, in un modo o nell’altro, li abbiano mal digeriti o peggio metabolizzati La omologazione del disimpegno, la delegittimazione del merito e la diffusa convalida dell’ unica regola indicata ed accettata di buon grado “sii sempre te stesso” hanno creato masse di analfabetizzazione e sottoalfabetizzazione – in aggiunta a quelle, più consapevoli, drammaticamente determinate da cause maggiori. Masse che, negl’ipnotici ammiccamenti delle ipocrisie dell’etica modaiola, conclamata o surrettizia, trovano ogni giorno un abbondante pastone a base di arroganza, autostima smisurata, odio, dileggio, svilimento e sprezzo verso chiunque abbia avuto occasione e sacrificio di perseveranza negli studi, e li abbia utilizzati elaborandoli in esperienza e competenza. Mentre rinsecchiscono i canali dell’ istruzione e si inventano singolari agenzie culturali, oggi si mira pure a deprivare persino il valore del titolo di laurea: significativo. L’enunciato di cui all’art. 3 della Costituzione viene capziosamente travisato ed inteso come uguaglianza di tutti: un assioma truffaldino spacciato per tenere comodamente basso il livello critico delle masse. Una devastante incultura – molto spesso non incolpevoli gli addetti ai lavori nei cantieri dell’ istruzione – capace di rovinare ogni civiltà, sta dilagando come la ruggine sul ferro. Si inventano e si creano valori nuovi e si rimuovono quelli, persino i naturali e i consolidati, pur sempre migliorabili, che hanno mosso il mondo e i capricci diventano diritti. Dilaga il dirittismo e langue il doverismo. Sapendone molto poco o solo per sentito dire, si ciancia disinvoltamente di democrazia e di libertà, ma al contempo si opera in antitesi. Che cosa, se non l’incultura spinge ad enfatizzare ogni più bizzarra diversità ma ad escludere assiomaticamente e ad avversare persino il diritto ad esistere della diversità di pensiero? Drammaticamente ogni indolente o fatalista mezza calza, spesso tra i rancorosi delle riuscite altrui che ascrivono tout court solo a fortuna o biasimevoli percorsi alternativi, si sente candidabile a esiti apicali ed è convinta di poter giustamente ambire al successo alla pari con chiunque e in ogni campo. Ingannevolmente ne è stata convinta da spregiudicati maître à penser, magici pifferai che fanno leva sui diffusi esuberi patologici dell’autostima e, così, portano alla rovina individui e collettività. Uno vale uno?