Note a margine n. 582

DESIRÉE

Per colpa di un orda di arruffapopoli gridanciani armati di potere politico o mediatico, sospinti dalla voglia matta di crearsi spazi e visibilità che non trovano per meriti, questa nostra gente non riesce a ritrovare un minimo di ecumenica comunità neanche nell’orrore che suscitano negli umani la spaventosa diffusione e intensificazione delle brutalità che, ormai quasi ogni giorno, vengono inferte alle donne di ogni età nel nostro Paese. Spesso poco più che bambine, come Desirée.
La profonda commozione e l’incondizionata pietà che dovremmo provare compattamente verso le vittime di stupri individuali e di branco, spesso accompagnati da crudeli sevizie e pratiche esiziali per puro divertimento, non raccoglie quella unanime solidarietà che lo spirito di umanità solleva spontaneamente nell’animo gonfio di sgomenta partecipazione di ognuno. Anche in questo caso assecondiamo chi vuole dividerci e ci schieriamo nei cento distinguo artificiosi e analisi ingannevoli suggerite ad effetto da farabutti mestieranti dell’ opinione pubblica. Un fuoco incrociato di voci e di urla – che altrove, nei contesti civili, sarebbero di pianto e disperazione – oggi provengono da spregiudicate canaglie e lestofanti che, da pulpiti, scranni, salotti, video e carta, mirano a banalizzare l’orrore spostando dal vero problema le naturali emozioni, manipolandole nell’abbietta mira di sviare le nostre coscienze verso l’attenuazione delle colpe dei responsabili autori di questo “nuovo stile di vita” (sic!) “nuove risorse umane” (sic!) come – tra le altre bestialità – ha avuto modo di blaterare una campionessa di improntitudine pronta a ripeterci le solite bestemmie. Che “il problema sono gli italiani” (sic!), che “gli italiani vanno educati all’accoglienza” (sic!), etc…

In Italia è ormai proibito dire che questo orrendo fenomeno in forte escalation va di pari passo a quello dell’aggressiva criminalità, surrettizia o conclamata, trasferitasi per pascere comodamente nel nostro Paese disgraziato e notoriamente costretto alla prostituzione dalla frangia magnaccia della intellighenzia nostrana. Una criminalità di massa, venuta da altrove o creatasi qui per via del richiamo di un inadeguato sistema sociale, politico, giudiziario, la cui riforma viene costantemente osteggiata da complici indigeni, venduti o ideologi ammiccanti, sempre pronti – loro, infami razzisti antitaliani e politici allo sbaraglio – all’accusa di razzismo verso chi tenti soltanto una disamina trasparente del problema invasione ormai alle porte della ingestibilità. Pensarlo ed esserne convinti, però, ancora sfugge, però, alla prepotenza autoritaria dei farabutti inebriati di potere. Poca cosa, ma per nostra residua fortuna.

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