FACCE DI CULO
Per quanto limitate siano, ormai, le mie conoscenze – rimasto, come sono, assai arretrato rispetto alla evoluzione sprint della realtà ed all’allargamento dei suoi confini – in genere m’arrabatto con l’immaginazione vicariante. Ciononostante, faccio fatica ad immaginare un Paese più affetto da obesità normativa rispetto all’Italia. Mi riferisco alla tendenza – che reputo davvero più che malefica – dello Stato e degli altri enti competenti, a intrufolarsi in ogni, o quasi, ramificazione della vita dei soggetti, fisici e giuridici, per stabilire, dettare e modificare quantità industriali di regole di comportamento che finiscono per soffocare le più basilari iniziative dei suoi cittadini limitandone la libertà esistenziale e sanzionandone severamente la non conoscenza con la presunzione, spesso aberrante, di colpevolezza: ignorantia legis non excusat. Tutti possono facilmente ritrovarsi colpevoli di qualcosa senza saperlo; e le possibilità crescono quanto più sono le regole emanate/modificate, per non dire delle piaghe delle variegate interpretazioni: a partire da quelle partorite dalla burocrazia autrice dei famigerati regolamenti applicativi (che seguono come remore di norme troppo spesso scritte malamente, ambiguamente o senza coordinamenti col resto dell’ordinamento giuridico), via via sino a quelle giudiziarie spessissimo volitanti anche ai massimi livelli. Il tutto si consuma a serio danno della libertà di vita, primeva condizione umana, e in pregiudizio del principio della certezza del diritto.
Gli spazi di libero movimento si restringono di continuo per via di una sovrabbondante e costosissima produzione normativa, peraltro, più dannosa di quella di una grande fabbrica di armi che s’inceppano o scoppiano in mano. Provo a spiegarmi.
Da un lato. Sulla spinta dell’euforia di settori sociali che premono per il riconoscimento di ogni loro anelito capriccioso e farne nuovi diritti, orde ‘panciste’ di ideologisti, cacciatori di consensi elettorali, e di velleitari incapaci, incompetenti, inconsapevoli, hanno la spregiudicata sfrontatezza di ‘disegnare’ e, a volte pure di proporre e di far approvare, sgorbi normativi indegni persino di un regolamento condominiale, destinati ad accrescere litigiosità e, indirettamente, la temibile arma che, se strumentalizzata o maneggiata malamente, in Italia rappresenta il potere apicale sui poteri: l’interpretazione giudiziaria, ormai debordata come un tornado devastante persino nel territorio della politica.
Dall’altro lato e in senso inverso. Truppe cammellate di coglioni e coglionesse, doc e trans, eletti, nominati o giubilati ma ancora gravitanti nel giro, inconsapevoli del danno esiziale che stanno apportando alla civiltà della libertà, si fanno servi scemi o faziosi interpreti e addirittura produttori del regime dispotico del politically correct e delle sue stronzissime regole, persino lessicali, reprimendo ai livelli più elementari il libero pensiero soffocandone la libera espressione, sua linfa vitale. Vedi le liste (che si allungano giorno per giorno) delle parole bandite per volontà di manigoldi ipocriti e fancazzisti.
Concepimenti e parti di nuovi diritti, spesso discutibili, e stragi degli esistenti che hanno permesso di fare grande la nostra civiltà. Invece, su alcune altre serie esigenze (v. la naturale tutela dell’autoprotezione d’emergenza, v. governo dell’immigrazione, v. messa in sicurezza dell’ambiente, etc.), nonostante l’impellenza, si traccheggia, si annaspa e si cazzeggia ancora. Non manca tanto il Governo adatto; manca soprattutto la necessaria cultura idonea a far schiodare il culo dalle convenienti faziosità ideologiche. Nelle aule si continua a sanzionare le vittime e proteggere i delinquenti aggressori, si decide fino a che punto esatto la scopata in corso è da ritenersi consensuale, nelle strade si continua ad assistere alle tragiche vicende partite da oltre i deserti del Sahara, nei salotti si ciancia di buonismo, di cattivismo, di populismo, e tra i più acculturati si paventa il fascismo.
Tutto questo lo chiamano democrazia. Come se fosse una cloaca maxima per i loro escrementi mentali e intestinali. Facce di culo. Normali; senza nemmeno l’enfasi del punto esclamativo.