Note a margine n. 570

OLIVE E FICHI SECCHI

Per chi voglia seguire i lavori d’aula in Parlamento, che strazio doverle ascoltare, tra le altre belle personcine, e dover reprimere nel silenzio d’obbligo persino i più naturali sussulti, quelle spontanee invettive che, all’occorrenza, prorompono di pancia!
Nelle sedi istituzionali l’eloquio cenciaiolo mi fa specie allo stesso modo di quello bellettristico; entrambi mi deprimono nella misura in cui qualcuno crede di assolvere – là e così con la solita becera fuffa – all’obbligo della propria prestazione nei confronti della controparte, il Popolo, avente diritto e strapagante. Avrei due nomi da fare ma che taccio per intuibili motivi, parlo di due donzelle udite di recente, dal chiassoso recitativo che, da parti opposte della piazza, giocano a fare l’etoile per rifilarci pacchi e paccotti col piglio sbrodolante ed untuoso del capocrociata, ciascuna calando le carte che hanno: tarocchi da crocicchio o da barocco; ma pur sempre tarocchi. Parole da cantimbanco che galleggiano nel nulla seguite dal battimani compiacente della claque d’appartenenza.
A fronte di cotanta deprimente paraculerie, il Paese arranca nel grave disagio di problemi che non sono a misura dei parvenu al potere in offerta speciale né più alla portata degli ancora increduli sfiduciati e retrocessi per demeriti particolari. Un Paese che rigorosamente esige formali certificazioni e titoli qualificanti anche per vendere fichi secchi e cartocci di olive per strada, ma ramazza free e di tutto per affidare all’apice le nostre malcapitate sorti.
Provengo da molto lontano ed è inevitabile e straziante il paragone con ben altre stature politiche il cui ricordo m’è ancora molto preciso. Fa molto male.
Chi aspirava e confidava nel nuovo prospettato, assapora l’amaro della delusione delle proprie aspettative coniugate, con sciocco fideismo acritico, a velleitarie promesse tramutate in sorda arroganza, in una con la pochezza delle condizioni minimali dei protagonisti. Chi confidava in una opposizione seria e costruttiva, di fronte alla miseria di certi copioni di maestrini cazzari pour épater le bourgeois, smadonna di brutto. E in questo assetto, invano ci si chiede se sia davvero possibile che il nostro Paese non offra qualcosa di meglio di tanto squallore! Siamo in rosso fisso. Manca poco; tra non molto dovremo andare a traino. Se non ci mollano definitivamente per strada nelle mani dei nuovi che arrivano. Quelli sì che sono sicuri. A Roma già da tempo si sgoverna previ accordi particolari.

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