Note a margine n. 559

CONFESSO, DIRETTA URBI ET ORBI

 

“Riconosco di aver commesso errori gravi di percezione e valutazione della situazione”. Lo ha dichiarato pubblicamente Bergoglio quando ha dovuto ammettere di aver preso una brutta cantonata nel non ritenere suffragate da prove concrete le accuse di pedofilia contro il vescovo cileno Barros. Eppure, nel caso de quo, già si trattava di una specie di segreto di Pulcinella, per fortuna, poi ampiamente scoperchiato onde fugare ogni ragionevole dubbio nell’accuratissimo dossier del Mons. Scicluna, un vero castigamatti inesorabile per i preti che si dilettano con gli abusi sessuali o che ipocritamente insabbiano quelli dei colleghi. Un uscirsene elegante, eclatante, forse un ben amministrato escamotage di chiaroscuro – non passato inosservato – per riprendersi la fiducia e l’affidabilità presso i credenti che, in pectore, lo hanno vistosamente retrocesso o addirittura rimosso dal soglio disconoscendone la particolare direzione di marcia, quanto a considerazione e stima. Il sorprendente beau geste di Bergoglio gli segna certamente un punto a favore, sì, ma questo, nella sua unicità di timbro rispetto a tutto il resto in tutt’altre direzioni, non pare sufficiente a riaccreditarlo nelle aspettative di quanti da tempo vanno sorprendendosi per altri, diversi atteggiamenti, a torto o a ragione, ritenuti ostili e destabilizzanti, oltre che gravemente invasivi ed anche subdolamente aggressivi. Sarà il cuore, sarà la pancia, sarà il fegato; eppure bisogna prendere atto che, forse, mai s’è colta tra italiani – specialmente quelli fedeli ma non soltanto – una così diffusa percezione che li ha indotti prima a diffidare ed ora ad osteggiare apertamente il potere apicale della Chiesa, e le sue scelte. Ivi comprese quelle concernenti certe figure di collaboratori portavoce e di vari addetti al suo Urp, così notoriamente litigiose da porsi sovente al limite del bullismo politico-morale. Per non dire d’altro. Troppo facile sarebbe qui evocare le cronache e, tout court, il gesuitismo nella sua peggiore accezione popolare. L’ingannevole umiltà dell’uomo non sfugge più allo sguardo di quanti dalla parola Pontefice traggono il senso di altro. Davvero difficile essere credenti e reprimere dubbi, sospetti, o anche solo la spontanea circospezione.
La via per i recuperi e per la riabilitazione mi pare ancora troppo lunga; e, peraltro, non credo nemmeno che Bergoglio e & vogliano davvero ripercorrerla tutta; così coinvolti come sono a fare i demiurghi e a volere timbrare l’epoca come loro opera. Non è nel preciso programma di lui, in odore di scisma, e neanche nella capacità e nelle mire del suo entourage. Ma vorrei aggiungere.

La variabile del peso etico non é certo indifferente ai fini della valutazione della proporzione ravvedimento – errore che caratterizza la vicenda. Quest’ ultimo – nel caso de quo – commesso per la troppa pregiudiziale e cattedratica sicumera (e non per uno dei tanti altri motivi che possono indurre allo sbaglio, al travisamento del vero) quella che si nutre verso che si ritiene inferiore. Sia il popolo, il popolino o un qualunque povero disgraziato senza voce in capitolo o senza avvocato difensore.  L’ enunciazione passiva della ‘mancanza di prove’ concrete,. ai fini dell’assoluzione, può appartenere legittimamente alla dinamica del ruolo di un avvocato difensore ma non certo a chi, per la specifica alta funzione ex divinis, deve tendere a farsi anche cercatore attivo di verità, e poi condannare o assolvere perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. Nel caso in oggetto, l’escamotage giudiziario della ‘mancanza di prove’ ha reso ancora più odioso ed esecrabile l’errore cui ha rimediato provvidenzialmente un terzo (e non il responsabile) ed ha aggravato il grado della colpa grave, al confine del dolo, quanto meno per omissione. Laddove, data la rilevanza della trista vicenda, era lecito attendersi altro che un passivo, surrettizio favoreggiamento. Apprezziamo pure il bel gesto, ma la sua valenza è sovrastata dalla dimensione del modo ipocrita e imperdonabile con cui è stato commesso il cosiddetto errore determinato da una forma mentis spocchiosa e paternalistica. Che, per la verità, è diventata insostenibile.

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