IL PASSATO E’ UNA TERRA…
“Il passato è una terra straniera”; ecco il titolo di un romanzo ambientato nella mia città fine anni ’80, che non ho letto. Un titolo che, da scrittore dilettante qual sono, avevo trovato davvero intrigante e che, quando mi ritornava in mente, mi era accaduto di ripetere lo sforzo di cercare di interpretarne il senso e il proposito del suo autore. Un titolo che avevo apprezzato anche per via della sua originalità e che, nella sua capacità di suggerire una infinità di immagini, mi stimolava fantasie e suggestive ipotesi ermeneutiche. Insomma, un titolo di quelli che avrei voluto scrivere io. Tanto mi piaceva. E che ancora mi piace.
Devo supporre che il romanzo di Gianrico Carofiglio – edito da Rizzoli, 2004 – non sia di quelli che passano inosservati, considerato il premio Bancarella 2005 e il fatto che sia stato traslato in un film dallo stesso titolo nel 2008 per la regia di Daniele Vicari, a concorso alla 3ª edizione del Festival internazionale del film di Roma – 2008.
Un titolo che, per quanto ho già detto e per altri reconditi motivi connessi alla soggettiva emozione d’arte, mi è rimasto particolarmente impresso. Sarà per questo motivo che m’ è accaduto di ricordarmene l’ altra sera, seguendo in tv un film franco/belga del 2013, rosadramma, “A promise” (“Una promessa”), che il regista francese Patrice Leconte ha tratto e adattato, sceneggiandolo in inglese, dal romanzo breve scritto nel 1976 dall’ austriaco Stephen Zweig “Widerstand der Wirklichkeit” (Viaggio nel passato), ambientato nella Francoforte del 1912, nella cui sceneggiatura italiana l’ innamorato lontanissimo in Messico scrive a lei, in una delle sue struggenti lettere d’ amore nascosto, “…il passato è una terra straniera…”. Una coincidenza. Ma il passato fa di questi scherzi.
E questa terra mi ha rammentato di Verlain, il suo “Colloquio sentimentale” letto tanti anni fa, “…nel vecchio parco solitario e ghiacciato due fantasmi hanno evocato il passato…”. Dove giacciono i resti di un amore consunto negli anni. E, anche non volendo, tutti ci voltiamo a cercare cose sepolte dal tempo. In un ordine che non capiamo.