PARTICOLARE CULTURA
Sarà senz’altro per via del carico d’anni e dell’ arteriosclerosi montata di serie; ma mi riesce sempre più difficoltoso riuscire a capire almeno qualche minuzia di questa realtà in cui mi ritrovo scaraventato, bastonato a dovere, scalciato a pedate nel culo, vecchio, obsoleto, intollerato.
La faccio breve; da un lato, in nome di una libertà sventolata in tutte le salse, si affrancano, si sdoganano, si liberalizzano, si omologano, si riconoscono come diritto, situazioni che fino a ieri o ieri l’ altro venivano diffusamente percepite come non consentite o disdicevoli, o sgradevoli. E lo si fa in forza di legge e non per un reale mutamento strutturale del comune sentire che, in questo nostro Paese, pare non contare più di una mazza. La triste fase del politically correct è ampiamente superata; ora vige il sistema giuridico-sanzionatorio, col sostegno di un lessico artificioso e quattro stagioni, portato ben oltre la cazzata della declinazione al femminile, sempre meno definito nel significato dei suoi lemmi, utilizzato ad adiuvandum o ad opponendum.
Dall’ altro, sempre per legge, si soffocano le libertà di opinioni non allineate, si mettono all’ indice parole e scritti da sempre legittimati dai vocabolari italiani e dalla stessa letteratura, si restringono gli spazi e le modalità di espressione del pensiero che, se non tipizzato nelle fattispecie consentite, concreta l’ ipotesi di reati la cui persecuzione è rapida, certa, e precede quella di reati che eravamo abituati a ritenere gravi e che, oggi, spesso, vengono invece ricoperti da un manto di liceità giurisdizionale scovata da un salvifico riferimento al bagaglio della “particolare cultura” del reo.
Insomma, gli spazi di liberalizzazione che si sono dati agli uni, vengono disinvoltamente sottratti alla naturale libertà di altri colpiti da una serie di tabù espressivi e si punta persino al vincolo del loro pensiero anche mediante la “rieducazione” e la manipolazione delle coscienze dei bambini a scuola.
Un concetto di libertà piuttosto cazzaro.
Siamo in una democrazia elastica come la pelle dei coglioni. E per assicurarsi l’ esito voluto, ci spiano, ci monitorano mediante un’ altra legge ad hoc.
E così si è creata una nuova società fatta, da un lato, di categorie-corporazioni privilegiate, protette, intoccabili più del pubblico ufficiale; e, dall’ altro, da una massa residuale tacitata, terrorizzata, obbligata a farsi piacere per legge le prime, anche se, con tutta la buona volontà possibile, le detesta o le schifa. I gusti sono gusti solo per le categorie protette: per tutti gli altri sono angusti.
E per i dissenzienti, niente salvezza dall’ esimente della “particolare cultura”.
E prima che, in nome della legge, ricada anche lui nell’ onnivoro divieto ‘sessista’, un fanculo di cuore agli artefici di questa libertà a cazzo di cane.