NOZZE D’ ARGENTO
Nel 1992, ero docente di diritto e avvocato di 52 anni che aveva fede in un altro tipo di Giustizia e vissi quegli eventi come la distruzione della legalità e del Diritto, convinto che i metodi usati dalla ‘legge’ non fossero meno criminali dei delinquenti perseguiti. Non li condividevo e non ho ancora avuto modo di ricredermi; i noti passaggi in politica, le vicende insabbiate, e tutto il resto via via sino alle recenti terribili dichiarazioni (v. note n.484 del 12.02.17) di uno storico esponente di quei personaggi mi fanno ancora l’ effetto di un pugno nello stomaco. Gli effetti riconducibili in gran parte ad abusi criminogeni sono sotto gli occhi di tutti. Ancora oggi, per via di tutto quello che so e ho visto in tutti questi anni, e per quello che rilevo nel comportamento di qualche ultimo ‘giapponese’ alla ribalta, ne penso tutto il male possibile, purtroppo, con l’aggravante della costrizione al silenzio di ciò che vorrei poter liberamente gridare.
Oggi, a distanza di 25 anni dall’ inizio di quella vicenda che coinvolse molta gente, carcerata, suicidata, condannata, intoccata, assolta e rovinata con le rispettive famiglie, contrassegnò una specie di ‘nuovo corso’ nella Magistratura, in particolare l’ inquirente, e marcò a suo modo il nostro consolidato, storico e comune senso della Giustizia, e acquisì, per la penna infelice di qualche cronachista, il nome di Mani Pulite, oggi ne celebrano il quarto di secolo. Nozze d’argento tra chi e con chi.
Pochi, infatti, si resero subito conto, in che mani pulite eravamo finiti, noi italiani e le nostre raffinate tradizioni giuridiche, gonzi noi che ci credevamo. Quando sento qualcuno affermare che fu un male necessario, quindi un bene in fin dei conti, per debellare un dilagato fenomeno sociale (corruzione del potere, etc.) mi chiedo come abbia fatto la Magistratura in passato a combattere guerre e battaglie altrettanto maligne, senza il ricorso a strumenti e metodi del tipo di quelli adottati dai Samurai di Mani Pulite. Forse per stupidità o forse per dignità? Ecco una domanda che ognuno dovrebbe porsi. Almeno una domanda.
Non capisco esattamente con quale sentimento – sia da parte degli stessi protagonisti, sia da parte dei loro epigoni attratti a seguire quell’ esempio di scuola abbastanza particolare – oggi si commemorino quei giorni tragici e disperati per chi aveva altre fedi – giorni il cui senso storico ancora ci sfugge – che il bombardamento della gogna massmediale, comprese le continue spettacolari esternazioni di chi, invece, doveva attenersi al riserbo, concorse a imbarbarire vieppiù, aggredendo la opinione pubblica e inducendola a credere in falsi miti del bene e del male.
E si son visti, in seguito, effetti assai distorti, aspettative disilluse, franosi scadimenti di ‘eroi’, pericolosi accentramenti di potere e prepotere, fatali debordi, tardive rivalutazioni e soprattutto grande voglia di recupero, in buon senso, equilibrio e certezza/saggezza, dignità del Diritto e di quant’altro tutti avevamo perso nel misero cambio con una battuta di caccia – vasta ma non generale – che prospettava una pulizia a fondo del nostro Paese e invece finì col germinare ulteriori e molteplici illiceità diffuse nell’ attuale insostenibile situazione sociale, in collettività e in individualità.
Un pensiero davvero equilibrato che esprime, però, la sofferenza di chi crede in alcuni valori e li vede avviliti. Riesco a capire come possa sentirsi, il senso di frustrazione di chi vede accantonati alcuni principi fondamentali della nostra civiltà. Un abbraccio