PROPAGANDA FIDE
La moltitudine dei combattenti pro Isis disseminata in tutto il mondo a spargere stragi sfugge alla classificazione tradizionale di un esercito ma ne costituisce un tipo ancora più pericoloso. Sono guerrieri senza divise, senza sedi, senza segni distintivi, senza un capo apicale. Agiscono in gruppuscoli o come unità seguendo un’ unica logica ideale ed comune, la distruzione di tutto ciò che non sia islam a costo della stessa loro vita. Spinti essenzialmente da due moventi; un sentimento: l’ odio e il disprezzo verso gli infedeli, considerati essere inferiori da annientare per volontà del loro dio e in gloria dello stesso, e da una incrollabile convinzione: la certezza di un prodigioso premio che li aspetti nella vita che seguirà la loro morte eroica. Alla base, un pressante indottrinamento alla assoluta superiorità razziale.
Sappiamo bene, anche perché è avvenuto e avviene ancora, che i predicatori d’ odio hanno sempre avuto ed hanno puntuale e sicuro successo, di gran lunga superiore a quello che hanno i predicatori di amore. Forse per una naturale inclinazione umana, il primo attecchisce senza necessità di particolari ragioni, al contrario del secondo che ne richiede molte. In defintiva, non credo che si possa negare il sostanziale fallimento dell’ insegnamento di Gesù: ama il prossimo tuo.
I due suddetti moventi che stanno innescando, in una quasi quotidiana serie sparsa ed imprevedibile, una escalation di cruenti attentati contro l’ umanità non musulmana ed in particolare quella crociata, sono frutto abbondante di una propaganda martellante diretta a fare proselitismo alla obbedienza assoluta non solo tra le genti a tradizione musulmana ma anche tra occidentali agnostici, atei, o semplicemente disorientati o delusi dalle loro religioni, o persino amareggiati per via di carenze sociopolitiche, e tra le generazioni a cavallo di diverse entità – le nazionalità originali e le cittadinanze acquisite – forse sofferenti di una carenza di precisa identità.
La estrema varietà delle interpretazioni del Corano, resa possibile anche dalla mancanza di un capo religioso unico ed indiscusso vivente che ne ufficializzi un’ esegesi autentica tra gli aspri e consolidati scontri interni, facilita una congerie di estremizzazioni e radicalizzazioni che fanno presa soprattutto sui giovani (e non è un caso che giovani sono quelli pronti a uccidere e a farsi uccidere), in genere dotati più di foga esuberante, di esaltazione e di competitività eroica, di affidamento alle parole di maître à penser capaci indurli alla violenza, di illuderli con promesse ed analisi capziose, che di personale elaborazione critica.
Contro un siffatto esercito-ombra in continuo processo autoriproduttivo, pronto a tutto per il principio che ogni immoralità e turpitudine è giusta e santa se consumata in danno degli infedeli-inferiori, che si alimenta di propaganda, non esiste possibilità di scontro bellico tradizionale, non esistono armi efficaci alla deterrenza, alla difesa. Si possono colpire e distruggere basi di raccolta di armi e materiali bellici, campi di addestramento; ma l’ effetto è solo provvisorio e limitato, con la sicura conseguenza di stimolare altre ondate di martiri-eroi disposti a godere del privilegio di morire in nome del loro dio come glielo hanno presentato.
Unica possibilità che resta all’ Umanità così aggredita ed esposta all’ annientamento sicuro non può essere quella dell’ ammiccamento buonista con la sciocca speranza che questo tocchi il cuore di chi viene, vive e muore per annientare e lo induca a ravvedersi. Unica chance è soltanto l’ avvio immediato di una mirata psicologica contropropoganda massmediatica a tappeto, capillare, concertata, continua, a dimensione mondiale, che offra opposte interpretazioni coraniche, capaci di scuotere gli animi dalle sonnolenti acrisie, di cominciare a rendere meno agevole l’ apostolato, di incrinare convinzioni apodittiche, artificiosi assiomi somministrati a piene mani da cattivi maestri e che oggi strumentalizzano e strumentalizzeranno generazioni mandate a distruggere anche a costo della vita. E se a questa contropropaganda difensiva mirata ad una pacifica interpretazione coranica parteciperà attivamente e onestamente la cosiddetta parte moderata dei musulmani che si dichiara improntata alla fratellanza ecumenica e alla pace di cui tanto si racconta, ma, sin’ora silenziosa, avremo, tra l’ altro, anche la dimostrazione della sua effettiva esistenza ed un valido interlocutore con cui lavorare per ristabilire fiducia reciproca e scongiurare l’ innesco di cruente reazioni a catena. Non è facile ma nemmeno complicata; e c’ è l’ intelligenza di capirlo e la volontà politica di farlo, non facciamola difficile, facciamolo presto; magari, da domani.
E gli Stati, al contempo, desistano dalla follia suicida di imporre per editto ai propri cittadini la dolorosa e innaturale rinuncia alla propria identità e alle proprie giuste aspettative. Una oltraggiosa violenza criminogena che di per sé legittima la difesa e la resistenza, rincrudisce i risentimenti e rende ostili e sempre più arduo ogni auspicabile progetto di accoglienza ed integrazione.
In effetti è quello che già fanno da tempo in tutto il mondo le grandi multinazionali che spendono miliardi per una propaganda che riesce a modificare i nostri comportamenti e le nostre idee. Perché non lo possono fare gli Stati per far fronte al pericolo immane che incombe su tutti?
E già; nel bene o nel male, sotto il regime nazista la propaganda mostrò tutta la sua capacità e la sua utilità in relazione allo scopo prefisso. Perché non provarci?
Prof., ha ragione Stefano, anche io credo che sia l’ unica strada praticabile, lunga ma con esiti sicuri. Ci dovrebbero pensare seriamente i Governi prima che sia troppo tardi.
Mi pare una buona analisi ed un’ ottima proposta. Ciao