A PACCHIA D’OLIO
E anche quest’ anno, come Dio volle e ce la mandò, condanna late sententiae, a noi peccatori, è finita l’ indecorosa kermesse tv nazionale mangiasoldi, soldi riscossi coattivamente e in ingiusta ugual misura da tutti i cittadini, il famigerato festival del vacuo e del futile di sanremo – chiedo scusa ma non mi va di scriverlo maiuscolo- una gozzoviglia di sfarzo pacchiano e di esaltato compiacimento per lo share misurato e sventolato in circa 11 milioni di ascoltatori! e sottaciuto in circa 52 milioni di non ascoltatori che lo hanno schifato, vuoi per la levatura dello spettacolo vuoi per la normale indignazione che suscita cotanto spreco. Roba che grida vendetta al cospetto del Padreterno. Laddove mancano soldi per un tetto agli italiani, per mezzi e carburanti per le forze dell’ ordine, necessarie quanto non mai in questo clima di quotidiane violenze mortali nelle case e negli esercizi per strada, da parte di criminali efferati sostenuti da una notoria mentalità che li protegge e che condanna duramente chi, per disperazione o terrore, prova a difendersi. Criminali cui viene attribuito persino un risarcimento danni se morsicati dal cane di guardia della casa rapinata.
Nel mio piccolo infinitesimale, come da diversi anni a questa parte, in questa settimana di crapula e di indecenza beota, io ho scelto di fare il mio dovere inibendo al mio televisore l’ ingresso audio e video a questa manifestazione di barbarie di lustrini in lungo e in smoking che dilaga a pacchia d’olio.
Si tengano pure il panem et circenses ‘sti rozzi imbroglioni di Stato e di sbanca che si reggono alle poltrone rei dell’abuso della credulità popolare e della circonvenzione d’ incapaci e dei sanremottusi, e della tacitazione minacciosa delle sporadiche ma eroiche voci di protesta votate stoicamente alle liste di proscrizione. Il loro tempo verrà e sarà impietoso. E non darà scampo.