Note a margine n. 424

dichiarazione

LA DICHIARAZIONE DEL LAZZO

Fino a qualche decennio fa, i giovanotti innamorati dovevano fare la dichiarazione alle ragazze oggetto dei loro sogni. Era essenziale e difficile: i più erano intimiditi e impauriti per un possibile rifiuto capace di mandargli in frantumi un sogno importante. In alternativa, ci si macerava l’ anima, si scrivevano poesie segrete o si optava per una via di mezzo, una lettera d’amore scopiazzata da un libro specializzato e fatta recapitare da una comune amica di nascosto dai genitori della destinataria. In molti, invece, tacevano e soffrivano ma con qualche vaga speranza, per il terrore di soffrire ancora di più senza nemmeno le speranze. Poi, ci fu la svolta epocale del ’68: la dichiarazione entrò in museo, bastava dire a una tipa: ci mettiamo insieme? E si procedeva. Oggi si procede de facto, d’emblée, direttamente, tacitamente, se lei ci sta. Niente parole: fatti. Colpi di reni più veloci dei colpi di fulmine. Poi, magari, le presentazioni. Fatti. Non parole. Queste sopravvivono solo negli ambienti dove si ingrassa la polemica, per tirarla per le lunghe, menar il cane per l’aia, ciurlare nel manico, prendere tempo, per dire nì invece di un si o di un no, anche nei momenti che esigono fatti immediati. Mentre il mondo civile viene travolto dalla barbarie più cruenta che spara e accende candelotti, da noi si spera e si accendono candele. Chi spara, spara cazzate. Ci invitano perentori ad abbassare i toni, a far finta di niente, a non ragionare con la pancia: i coglioni sono i governanti e il popolo francese che si sentono in guerra. Noi, invece, ci armiamo di parole e le affiliamo, ci infilziamo tra di noi, perché noi, invece, armati di una vasta compilation di distinguo, siamo intelligenti e i governanti si esibiscono non stop in tv e non si capisce quando trovano il tempo per governare. Chi dissente e ammette di avere paura (sacra e naturale difesa dell’ essere umano) viene accusato di fare propaganda politica, viene dileggiato, apostrofato e persino sanzionato come strumentalizzatore, integralista, diffusore di panico, fomentatore di odio razziale, viene tacitato e condannato. Per legge. Ampia libertà di parola – per legge – ai cosiddetti ‘mediatori culturali’, in genere esemplari di una cultura veramente razzista che, noi cristiani, ci considerano cani, abusiva sottospecie umana. E’ la posizione assunta da quattro sciroccati coglioni e scrocconi per legge, dal cervello aperto a 180° gradi, piatto, che ci tengono a comandare e a sembrare democratici, specie verso i criminali: gli altri, i cittadini non contano. Facciamo i bravi e i buoni, pensano, integriamoci, così ci risparmiano la vita. Cazzate. Per legge. Un esempio fresco di giornata? Merano. Tre anni di indagini, 17 arresti per terrorismo; poi, due giorni per leggere tutte le carte e decidere di rimetterne in libertà più della metà; non c’entrano, nemmeno il processo è necessario. Sempre per legge. Azze! Forse occorreva la dichiarazione firmata. Avete letto bene: ho detto Merano, non Medrano, il circo dei funamboli, dei fenomeni da baraccone, delle bestie e dei clown del lazzo.
Ultimamente. Delle ‘sole’ e delle patacche parolaie di qualche ciarlatano nostrano, ministro per caso, ne faremmo volentieri a meno in attesa che si occupi di più almeno dei due marò sequestrati in India sui quali anche lui è scivolato malamente come mettendo il piede su una cacca. Ha dichiarato alla nazione “Io non mi sento in guerra”. Azze! E non ce lo potevi dire prima così ci affrancavi da questa nostra stupida tensione che ci sta tormentando!? Ma, se lui non “si sente”, non sarà perché è sordo o ben scortato o perché mente? il suo compito non è quello di farsi interprete, invece, del diffuso sentire della collettività della quale dovrebbe interessarsi. Seriamente, se è capace di fare seriamente. Il funambolismo del chiacchierume stile dna democristiano che portò a lasciar morire Aldo Moro è un vecchio vizio dell’Italia furbetta e guitta, ancora dilagante, vizio di mente e di cuore, croce e martirio di questo nostro popolo oppresso e in pericolo per legge. Per essere in guerra non serve la dichiarazione o il consenso dell’attaccato. Per legge: basta solo un nemico che ci attacca. Chi afferma di non sentirsi in guerra è, in pratica, un bel supporter per i malintenzionati, supporter come quelli che ci vietano persino la legittima difesa quando ci aggrediscono con crudele violenza in casa e i delinquenti sanno ormai che non li possiamo nemmeno prendere a male parole o rinchiuderli in una stanza, se ci riusciamo, in attesa della polizia. Ci denunciano per ingiurie e per sequestro di persona. E chiedono i danni. Per legge. Ministro renziano? ok: ma la decenza? La Terra pullula di guerre mai dichiarate. Ma, come sia e sia, un coglione è coglione, ancorché non dichiarato, un doppio bemolle, visto che dobbiamo abbassare  toni. Anche questo, per legge.

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