…MA I PAGLIACCI RIDONO
Tra i drammi, le tragedie, le calamità e le miserabilità che, espostivi allo sbaraglio da un complesso istituzionale in gran parte abusivamente occupato da incapaci-capaci di tutto, siamo costretti a vivere in Italia da qualche tempo, non si possono sottacere gli effetti perversi dell’ arrembaggio al potere della cosa pubblica in corso da parte di soggetti animati da ansiose quanto velleitarie aspettative personali di diversa natura.
Non che la politica debba o possa essere considerata appannaggio di specifici operatori professionali di settore, ma è giusto attendersi che questa resti quanto meno circoscritta a cittadini il cui imput ideologico, con la stessa forza di una fede radicata, si concreti effettivamente e solidamente nei principi minimali di cui agli artt. 1-54 della Carta Costituzionale e nella sacralità dell’ impegno assunto verso la cosa pubblica. Meglio ancora se sostenuti dalla dignità di imprescindibili e pulizia e trasparenza mentale onnipresenti in ogni scelta ed azione, precedendo convenienze e direttive di partito mirate a identificare tout court come nemico e malefico ogni diverso pensiero pregiudizialmente e paternalisticamente da irridere, da compatire e da disprezzare come sottospecie, e da mettere a tacere come non avente diritto nemmeno ad esprimersi e a comunicarsi liberamente. Leggi da mordacchia e aberranti provvedimenti liberticidi in tali sensi, infatti, stanno gravemente colpendo al cuore l’ essenza e la formazione etica del nostro Paese che sembrava messo definitivamente al riparo da avventure dittatoriali e dispotismi.
Eppure, all’abusata accusa di ‘populismo’ che colpisce idiotamente ogni voce contraria a scelte verticistiche ragionevolmente discutibili si potrebbe opporre quella, altrettanto banale ma del tutto adeguata, di ‘palazzismo’. Ma tant’è. Tutto lascia presagire che l’ Italia – o quel che ne resta – è stata imbarcata, con la forza di pochi e per la debolezza di molti, complici cialtronerie e intrighi, in una avventura senza ritorno e dal disastro assicurato che la vedrà sopravvivere solo come ‘espressone geografica’.
E mentre da un lato si recepisce la logica che muove all’ assalto del posto politico masse di spregiudicati avventurieri, fancazzisti e falliti uniti dal denominatore comune del battibecco facile, utile alle scalate partitiche; dall’ altro lato, non si comprende perché mai ottimi soggetti, eccellentemente distintisi nelle loro professioni, ad un certo punto del loro percorso di vita, decidano di distogliere i loro impegni per i quali si sono preparati con successo e di convergerli nella politica, dove, generalmente agnostici o atei democratici, privi o indigenti di solide fondamenta liberali (in senso lato), analfabeti della cultura dell’ onesto confronto e specialisti della sterile polemica, tendono ad identificarsi con la stessa res pubblica e a confondere le funzioni con il potere, manipolandolo a propria misura, con personali esiti mediocri in ogni campo, a partire da quello normativo. E questo, sia da parte di chi milita nella maggioranza aggressiva, prepotente, tracotante e forte dei numeri, sia da parte di chi gestisce la opposizione brandendola come arma di sabotaggio e distruzione; così trasformandosi, metodicamente e a prescindere, un costruttivo confronto dialettico in uno stato di guerra permanente allargato ai fans elettori sapientemente deprivati di ogni senso critico e imbevuti di campanilismo partitico che vivono ciclicamente l’ esaltazione delle arroganti maggioranze e lo sconforto dell’ aggressivo vittimismo delle minoranze. Per tacere dell’ opera esiziale di gruppuscoli di esaltati specialisti che, dall’ una o dall’ altra parte, in proprio o per conto terzi, inferiscono colpi esiziali alle prospettive di una pace sociale e alla fiducia che il popolo deve necessariamente poter nutrire verso chi lo governa. Ma i pagliacci ridono…