SPERO, PROMITTO ET IURO: INFINITO FUTURO
Ho appena ascoltato il giuramento e poi il breve discorso di insediamento del nuovo Presidente della Repubblica. Spero, prometto e giuro. Secchi, diretti. Penso che la semplicità dei contenuti e dei toni possa accendere un barlume di speranza. Negare una chance a priori ci metterebbe sullo stesso piano di becera pregiudizialità tipica di gente che dichiariamo di detestare e di voler ostacolare. Disfattismo e nihilismo sono sempre più in agguato di quanto possiamo rendercene conto.
Sia pur nato da una gestazione molto discutibile, per via di un fitto incrociarsi di atteggiamenti spocchiosi e da carrettieri dei tessitori da cui era lecito attendersi un minimo di stile più degno, non neghiamo al nuovo Presidente – che non risulta aver ordito nell’ ombra un voto pro domo sua – un minimo di possibilità e rammentiamo quali erano le inquietanti alternative.
Si giudicheranno gli atti, come si dovrebbe fare, e la non la persona che di per sè non assicura mai né il bene né il male.
Ci ha chiesto di collaborare con la nostra correttezza. Condivido: solo se saremo davvero corretti, avremo il diritto di reclamare con la coscienza apposto se l ‘arbitro non sarà davvero imparziale come ci ha promesso. Non gli sarà compito facile essere praeter partes e digerire senza danni le critiche settoriali che gli verranno mosse in ragione delle diverse aspettative; tra noi e lui un apparato sclerotico, un sistema consolidato spesso ignobile e contingenze difficili, comprese le invasive interferenze di altri poteri che, schierandosi o ergendosi a fari etici, stanno stravolgendo la pace sociale e minando la democrazia costituzionale: lui lo sa, noi lo sappiamo.
Noi saremo oggettivamente attenti a rilevare tutti i segnali nella loro valenza positiva ed in quella negativa, cercando di capire davvero prima di ogni conclusione.
La gara è finita; ora si cominci a lavorare. L’ infinito è al futuro.