LORIS
Loris, un bimbo di 8 anni strangolato e poi occultato; forse dalla stessa giovanissima madre dal passato familiare assai travagliato. Pare che lei tempo fa abbia tentato anche il suicidio un paio di volte.
Per ora, a distanza di otto giorni dal fattaccio, si indaga su di lei e si cerca di scavare il movente prima di tutto. La giovane si proclama innocente e si attesta su quelle che, invece, appaiono menzogne.
Legge a parte che, come sistema di ordine, deve fare il suo corso legale, accertare le responsabilità e comminare adeguate sanzioni, provo grande commiserazione per i protagonisti di questa tragedia umana dipanatasi attraverso un ordito di esistenze tristi e triste, di un illusorio amore di una adolescente-madre prematura già alla deriva nella famiglia di origine, di disperazioni, di emarginazioni, di vuoti, di menzogne di aggrappo, di ragioni devastate e deflagrate. Della tragica morte violenta di un bimbo-conseguenza quasi obbligata, vittima predestinata di una stringa al collo e, poi, delle parole postume di compianto che passeranno presto al primo vento. Incombono, ormai, continue nuove tragedie e l’ affarìo difficile del concreto sopravvivere in questo Paese allo sbando, infestato da vampiri di Stato e non.
Forse, in altri ambienti e contesti, storie così drammatiche vengono opportunamente smaltate e sembrano molto meno sordide nel racconto delle cronache e degli immancabili testimoni di comodo che cambiano il linguaggio persino, storie adeguatamente schermate da uno scudo parentale che, nel caso della giovane mamma Veronica, manca quasi del tutto.
Servirà un giudice consapevole e affidabile: insomma, un giudice che sappia soffrire. Per poter capire davvero. Innanzitutto.