Note a margine n. 387

deserti

DESERTI

Ho riflettuto su queste considerazioni di Marcello Veneziani : ‘…non c’è più una polemica culturale tra scrittori e intellettuali, nessun dialogo sui valori. I libri o si osannano o si ignorano, chi prova a discuterli grida nel deserto’ . E mi son chiesto il perché; Veneziani non offre nemmeno un minimo di input. Intanto, si potrebbe tentare di rilevare un denominatore comune: forse un individualismo corazzato, recintato. Di tipo difensivo soprattutto, che protegga dagli assalti/contagio delle idee altrui. La polemica resiste ma è di rumore; per essere culturale, le manca la capacità di gestire orecchie e bocca, disponibilità all’ ascolto, un vero interesse a conoscere valutazioni e misurazioni diverse dalle proprie, l’ apertura a confrontarle senza apriorismi e/o pregiudiziali. Nessuno molla facilmente la propria coltura ed il proprio raccolto per condividere altri percorsi diversi da quelli abituali, familiari. Poi c’ è l’effetto auditorium: ognuno polemizza in modo diverso nei diversi contesti. Nel privato, due parlano, si confrontano; in pubblico, sullo stesso argomento si scontrano, si scannano, si sopraffanno, alzano i toni, asseriscono e non perdono tempo (forse, non lo hanno) a dimostrare, si indignano, si scandalizzano. Insomma, trascinano l’ audience. E quello che conta: diventare personaggi prevalenti. Scrittori e intellettuali che siano. Che dire del dialogo sui valori? Ridotto ai minimi termini: sì o no, sinistra/ destra, fascista/comunista, buonista, integralista, intollerante. Il ragionamento è stato sostituito dall’ eloquio, dall’ annuncio, dalla vis della captatio benevolentiae. E’ la regola fissa dell’ esibizionismo, il prodotto della deformazione televisiva che fa esistere soltanto ciò che trasmette. E per il libro? Una critica negativa presuppone le fatiche di una attenta lettura, di annotazioni, di diverse tipologie di analisi, di sintesi accurata; e di qualcuno che, poi, la renda al pubblico. Eccessiva onerosità col rischio di ritorsione, anche giudiziaria, secondo un recente sistema. Per l’ osanna, invece, basterebbe la semplice attribuzione di un voto numerico, magari, in decimi, come a scuola. A lavoro e a rischio zero; nessuno te ne chiederà conto. Reato d’ opinione incombente. Mentre la cultura ha bisogno di opinioni; un optional vietato o da irridere.

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Una risposta a Note a margine n. 387

  1. helena ha detto:

    Ormai le capanne sono state smontate, per terra le tracce di un’erba che ha perso il colore, un po’ malandata, forse offesa ed umiliata. Anche le illusioni hanno un peso e fanno i loro danni: pero’ la capanna non era un sogno, era un rifugio vero fatto di tela e il tetto di foglie, per otto giorni soli, lunghi quaranta anni, a fingersi in un deserto che reclamava afono la sua identita’ priva di tempo. Io, quando la luce si incamminava verso l’ovest amato, me ne entravo ancora in capanna, ad obbligo ormai scaduto e con un libro in mano, per incontrare la seggiola di materiale povero-moderno con braccioli e schienale, dove comodamente raccolta, ogni sera provavo il piacere di una lettura di pagine magnificamente originali ed evocative di storie e personaggi dell’illustre passato, fondendosi nell’atmosfera della mistica capanna e dell’antico mitico deserto.
    Chiuso il libro, gli erano vicine le Quattro Specie il simbolo per eccellenza della Succah. il ramo di Lulav, la palma, senza profumo ma dal dolce sapore del suo frutto; il ramo di Ara’v, il salice, senza profumo e senza odore; il ramo di Hada’s, il mirto, con profumo ma senza sapore; e lo Etro’g, il cedro, con il profumo e il sapore: il signore della Succah.
    Le capanne se ne sono andate, ed io sono rimasta sola, con un tetto vero sopra la testa, e domani bisognera’ vivere ancora! e contentarsi di leggere i Commenti dei lettori del Cucu’. Meno male che qui c’e Michele Lamacchia, il mio amatissimo Maestro.

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