PASSANO GLI ANNI
Sempre più in fretta, passano gli anni. Le più nobili virtù che ricordavi non hanno perso di valore; hanno, invece perso il posto dover stare. Ed almeno un motivo per sopravvivere sia pure faticosamente. Credo che l’ uomo sia anche un utilitarista etico, e vivere onestamente comporta un prezzo per il quale ci si attende una contropartita, non necessariamente materiale, magari a livello morale. Ma la spiritualità oggi è sempre più latente; siamo indigenti di qualunque tipo di spiritualità, oggi che non ci sostiene nemmeno una qualsiasi religiosità perché ci hanno convinti che si tratta solo di chiacchiericci strutturati per aggregare i popoli. Il peccato originale viene considerato una bufala ed invece tutti ce ne portiamo addosso i segni residui postumi permanenti che si manifestano anche nella nostra incapacità di oltrepassare la soglia della nostra apparenza esteriore ed interiore. Non ne avvertiamo il bisogno e, se a volte lo avvertiamo sotto forma di disagio indefinibile, ricorriamo ai surrogati del benessere. Forse viviamo troppo distanti dalle zone della Terra dove si consumano ogni momento tragedie ineffabili e le immagini che ci giungono ci lasciano più indifferenti di una buona scenografia drammatica. Il fascino dell’artificio è vis maior cui resisti non potest; la realtà è solo una misera imitazione del concetto della vita che abbiamo in mente e dei fatui modelli invadenti diffusi dai massmedia. Stiamo naufragando; e persino chi ricorda pregressi punti di riferimento deve rinunciare a lanciarci un cima.
Eppure, la speranza è alimentata proprio da questo. Quando, sempre più in fretta, passano gli anni.
Caro Prof. non Le scrivo da qualche tempo ma leggo puntualmente ( e salvo su mio notes personale ) le Sue note per le quali stento a trovare adeguato aggettivo che possa accorpare assieme tutti gli aspetti di scritti di grande pregio. E conosco anche molta gente che, pur leggendoLa, non trova il coraggio di commentare per iscritto.
Bello, bellissimo! e i commenti di Helena, poi, delicati e ricchi come sempre, riescono ad aggiungere sempre qualcosa di interessante di nuovo; per questo un grazie anche a lei.
E a Lei caro Prof. un abbraccio amichevole. In molti terremo cari i Suoi pensieri, anche se il tempo delle calde vacanze ci tiene lontani dal computer. Un caro saluto.
Mi sono trovata davanti una immagine che mi ha lasciata ammutolita e riempita di incanto. Mi veniva quasi da dire: Che bella la vecchiaia, poi , sotto l’effetto dell’emozione mi sono lasciata andare ai ricordi del passato, ai nonni che non ho mai avuto e mai mi hanno carezzato, alle nostalgie dell’Uomo del passato che tutto ha costruito per lasciarlo in dono all’Uomo del futuro, e la nostalgia e’ andata lontano fino al Tempo che non e’ ancora arrivato, ma sara’, senza dubbio alcuno, il padre e il custode di Altri. Tra tanto e lungo incanto mi sono inciampata, non so bene perche’, e fermata su questa bellissima ODE ALL’EDIFICIO:
Scavando in un luogo, picchiando su una punta, allargando e rifinendo s’innalza la vampa costruita. l’edificata altura che e’ cresciuta per l’uomo.// Oh gioia/ dell’equilibrio e delle proporzioni./ Oh peso ricavato/ da materiali scontrosi,/ evoluzione dalla mota/ alle colonne,/ splendore di ventaglio/ nelle scalinate./ Da quanti luoghi/ disseminati nella geografia/ qui sotto la luce e’ venuta a elevarsi/ l’unita’ trionfatrice !/ La roccia ha fatto a pezzi il suo potere,/ s’e’ affilato l’acciaio, ed e’ venuto il rame,/ a mischiare la sua salute al legno,/ e questo, giunto da poco dai boschi,/ ha indurito la sua gravida fragranza.// Cemento, fratello oscuro,/ la tua pasta li riunisce,/ la tua sabbia sparsa/ comprime, avvolge, innalza/ vincendo piano su piano./ L’uomo, piccolino/ trapana,/ sale e scende./ Dov’e’ l’individuo ?/ E’ un martello, un colpo/ d’acciaio sull’acciaio,/ un punto del sistema/ e la sua ragione s’assomma/ allo spazio che cresce./ Ha dovuto lasciare spente/ le piccole superbie/ e alzare con gli uomini una cupola,/ erigere fra tutti/ l’ordine/ e spartire la semplicita’ metallica/ delle inesorabili strutture. Eppure/ tutto esce dall’uomo. Al suo richiamo/ accorrono pietre e s’alzano muri,/ entra la luce nelle stanze,/ lo spazio si ritaglia e si spartisce.// L’uomo/ separera’ la luce dalle tenebre/ e cosi’/ come ha vinto il suo vano orgoglio/ e ha instaurato il suo sistema/ perche’ sorgesse l’edificio,/ continuera’ a costruire/ la rosa collettiva,/ raccogliera’ sulla terra/ il materiale scontroso della felicita’/ e con ragione e acciaio/ sorgera’ lentamente/ l’edificio di tutti gli uomini.
——PABLO NERUDA