Note a margine n. 349

caffè nero

CAFFE’ NERO, PARDON, ABBRONZATO

Ieri, è venuto Barack a trovarmi a casa mia, confida Marcello Veneziani tra le righe del suo Cucù sul Giornale. Invece, io sono rimasto tappato in casa, con le orecchie ‘appizzate’ alla suoneria del telefono, al cicalino del citofono e al campanello dell’ uscio. Invano. Ironia della sorte, nemmeno per i volantini mi hanno chiamato. Non che mi aspettassi Barack, magari solo una capatina a campione per vedere come se la passano i vecchietti in Italia; ma, dico, pure un commesso tra la staff dei suoi numerosi accompagnatori ci poteva pure stare. Un minutino, una scappata, come si dice. Non ho armi in casa, tranne un paio di parolacce da eloquio portuale alla bisogna, lontane dalla portata dei bambini (che, poi, è da molto che non vengono a trovarmi anche perché ora son grandi). Calze pulite e non ci mettevo niente a sfilarmi le pantofole e insaccare i piedi nei mocassini larghi, da domicilio con improvvisata di visita incorporata. Niente; e niente mi ero preparato a dire, in certe occasioni scarseggiano pure le battute intelligenti o assimilate. Avrei improvvisato, però, e sorriso molto all’ interlocutore offrendogli un caffè da vecchia moka bell’ e pronta carica sul beccuccio del gas. Sarebbe stato l’ evento della mia piatta vita piatta; e grandioso poterlo raccontare dopo, senza mentire; magari, poco poco. Roba veniale.

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6 risposte a Note a margine n. 349

  1. Gray ha detto:

    Mocassini dal colore indefinibile, ben scalcagnati, ottimo surrogato delle pantofole quando le pantofole sono vietate in onore dell’ ospite. Ne ho un paio anche io che conservo gelosamente e uso con grande accuratezza. Il mocassino, specie se in pelle morbida o ammorbidita dal tempo e para, è il guanto dell’ anima, la carezza del piede,. Ogni casa dovrebbe averne qualcuno per gli ospiti intimi, per metterli a loro agio, assieme ad una vecchia poltrona sfondata al posto giusto piuttosto che una sedia nuova o mantenuta nuova, incapace di diffondere l’ armonia di un abbraccio affettuoso, protettivo, fatto in casa. Che si è perso Barack! Io mi sarei precipitata.

  2. helena ha detto:

    E’ sempre verso sera che piu’ volte mi sono avvicinata alla porta, e poi me ne sono andata via senza bussare e senza un motivo preciso; forse colpa di quel certo timore quasi burlone, compagno delle belle occasioni mancate. Si sarebbe meritato di essere preso alla gola come lui fa con me, ma poi ho allentato il nodo per i soliti motivi d’affetto. Cosi’ ho perduto l’attimo fuggente, la dolcezza del gesto di un braccio che mi invitava a farmi dentro, gli abbondanti sorrisi discreti, l’eleganza di due comodi mocassini di non so quale colore, forse nero ma poco importa, di quel colore ho perso il gusto e l’odore di un caffe’ fatto in casa, in caffettiera moka doc. Sara’ per la prossima volta, per ora ho sentito la tenerezza di una musica, quasi fosse una serenata: per l’occasione mi sono fatta ladruncola, e mi sono nascosta tutto dentro il cuore.
    Cosi’ non sembra, invece tutto regolare quando teneri si nasce, quasi eterni fregati.

  3. Stefano ha detto:

    Egr. Prof. Buongiorno e buona ora legale! come vede mi sono alzato prima del dovuto. Pazienza.
    Letto il Suo caffè…in attesa di farmi il mio primo di questa nuova giornata. Bravo.

  4. Margot ha detto:

    La curiosità mi ha spinto a leggere il Cucù citato da Lei prof., bellissimo. Ma Lei non è stato da meno e mi son immaginata la scena della Sua ansia, pronto a sacrificare i piedi dalle comode pantofole domiciliari ai mocassini scalcagnati, comodi di seconda fila. Non è venuto nessuno a trovarLa? Pazienza, sono convinta che almeno una decina dei Suoi lettori assidui sarebbero venuti volentieri a farLe compagnia; tanto Lei è disarmato e l’ unico pericolo che si potrebbe correre è quello di trovarsi vis à vis e non trovare né le parole giuste né la naturale disinvoltura. Ma lei avrebbe capito ugualmente. La simpatia, l’ empatia…difficile nasconderle. Ciao Prof. Bravo!

    • helena ha detto:

      …forse neri, o una delle tante tonalita’ del marrone; larghi, per insaccarci lestamente i piedi, all’occasione di una bussatina con sorriso incorporato, e magari pure una faccia bella; tutto il resto potrebbe essere tenerezza.

      Pour un peu de tendresse/ Je donnerais les diamants/ Que le diable caresse/ Dans mes coffres d’argent/ Pourqoi crois-tu la belle/ Que les marins au port/ Vident leurs escarcelles/ Pour offrir des tresors/ A de fausses princesses/ Pour un peu de tendresse// Pour un peu de tendresse/ Je changerais de visage/ Je changerais d’ivresse/ Je changerais de langage/ Pourqois crois-tu la belle/ Qu’au sommet de leurs chants/ Empereurs et menestrels/ Abandonnent souvent/ Puissances et richesses/ Pour un peu de tendresse// Pour un peu de tendresse/ Je t’offrirais le temps/ Qu’il reste de jeunesse/
      A l’ ete’ finissant/ Pourquoi crois-tu la belle/ Que monte ma chanson/
      Vers la claire dentelle/ Qui danse sur ton front/ Penche’ vers ma detresse/
      Pour un peu de tendresse.
      —–JACQUES BREL
      La tendresse (1959)

      • Fabrizia ha detto:

        Quanta dolcezza nella canzone di Brel riportata da Helena! e quanto ci manca la tenerezza! E non sappiamo che costerebbe nulla e darebbe tanto!

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