LESSICAVOLANDO
Dal Cucù di Veneziani sul Giornale di oggi, prendo al volo lo spunto soltanto per l ‘aspetto filologico, per evidenziare un fenomeno che, per certi aspetti potremmo definire abusivismo lessicale. Un uso distorto delle parole o delle locuzioni, forse frutto di un apprendimento sbrigativo, conoscenze indirette, consuetudine al sentito dire, interpretazione teleologica. Ecco come il gattopardo ha potuto riprodursi in gattopardismo ma con le sembianze attribuite dai maître à penser accreditati da una vulgata distorta sino al significato opposto a quello originale. Un giorno, forse, sapremo esattamente cosa debba intendersi per il berlusconismo che vado chiedendo da tempo ma senza esito. E ormai con poca speranza
Salto, ma sarebbe ipocrita rinunciarvi per scampare agli intolleranti dell’ ineleganza, pessimo motivo. Mi riferisco ad uno dei termini più diffusi – salva l’archeologia della mia generazione che trovò ovvia l’ esperienza – ‘casino’. Facciamo casino, c’ è casino, ti amo un casino, etc. col codazzo delle variabili. A parte la tenerezza del riferimento amoroso, il termine viene impropriamente usato per indicare situazioni altamente disordinate, confuse, affollamenti, disordini, casciare, laddove queste case, a mia memoria di ex utente finale, erano rigorosamente organizzate e controllate da organi di P.S., ronde militari (oltre che sanitari), e operatrici e clienti non erano certamente in condizioni di “sgarrare” a regole ben precise imposte e accettate (condicio sine qua non) con la firma dell’ atto di sottomissione da parte dei tenutari i quali, come i gestori delle case da gioco, perdevano alcune libertà e diritti (voto, etc.) e rischiavano la chiusura. Ecco la distorsione, la contraddizione stanno nella fantasia e nella non conoscenza. Chiedo scusa, ma il mio – se pur non fu reato – è ampiamente prescritto. Volevo soltanto esemplificare restando sul fenomeno linguistico. E, per ora, visto che ci siamo, aggiustiamo anche un altro tiro mancino che si sta facendo una strada abusiva in questa nostra lingua a saldo: non esistono veli pietosi o empi; quelli che si stendono correttamente, se proprio vogliamo farlo davvero, sono quelli “di pietoso silenzio”. Se no, diciamo una fesseria.
Prof. ho letto il Cucù di Veneziani; ed i commentatori che parlano di cose importanti e Lei, invece, parla di casini. Ma non aveva altro di cui parlare?
O prima o ultima. Anche questo e’ un destino o potrebbe esserlo, come nascere per primo , secondo o terzo : con il crescere, il modo di rapportarsi agli altri, fratelli sorelle e genitori, cambiera’ caratteri e perfino destini; come un orologio, un orario, le condizioni del tempo, un caffe’ venuto male o un umore, possono mutare il destino delle cose che inconsapevoli e ignare acconsentono a prendere il largo verso il bene o verso il male. Come sono lontana! le braccia vogliono allungarsi e le mani essere vetrine di cio’ che mi circonda, schifezze e meraviglie, stagioni e perfino primavere, cosi’ diverse da quelle del ricordo, da sembrare sconce visioni finanche i molto rari, spogli caducifogli, in mezzo ai tanti sempreverdi.
Quel Sehnsucht strano mi invase l’anima verso fine marzo, e con l’aiuto del fedele telefonino-fotografo mi riportai tutto a casa, pietre e foglie. Non ho trovato le parole adeguate per dirlo bene, pero’ chissa’, potrei mandare un augurio di Buona Primavera a un amico lontano che mi sta molto a cuore.
Osservazioni appropriate, egr. Prof.Spesso si parla di cose senza saperne nulla, sulla base di ciò che se ne sente dire e così si tramandano ignoranza e informazioni errate. Il velo pietoso, forse era quello che Salomè, nella sua danza dei 7 veli, non si toglieva mai. Che ridere!