GAUDEAMUS IGITUR…
Non potrò – non dovrò – mai stancarmi di ripetere che la legittimità di un atto o di un comportamento, come sinonimo di legalità, cioè come conformità alla legge vigente, è un concetto che può trovare valenza etica e giuridica solamente se assunto in termini relativi. Ciò, in considerazione, tra l’ altro, della semplice osservazione che il mutare delle leggi è il polo di attrazione della legittimità la quale viene trascinata appresso alla successione delle norme nel tempo. Abbiamo, altre volte, spiegato anche che lo stesso atto o comportamento può essere legittimo e poi illegittimo ( o viceversa). Imprevedibilmente. Le differenze sono anche in relazione ai diversi ordinamenti giuridici che considerano diversamente il medesimo atto o comportamento.
Il processo di Norimberga, ad esempio, stigmatizzò fatti e azioni ritenute perfettamente legittime (o addirittura obbligatorie) nella Germania nazista, ponendo i fondamenti di un grosso problema per l’ Umanità che fu risolto come sappiamo ma che, in effetti, non pare avere soluzione.
Ciò premesso, credo fermamente che gli operatori di giustizia di un Paese, nell’ amministrare condanne e assoluzioni, non possano fermarsi all’ adorazione assoluta della legittimità di un’ azione perché la predetta qualità non garantisce altro che non vi siano discrasie o contrasti tra un atto e una norma, non altro che la sua “giustezza”. Un controllo puramente formale e protocollare, dunque, che non ha nulla a che vedere col buon senso, con la ragionevolezza, con la logica, con l’ onestà della vera discriminante degli esseri umani: la coscienza. La quale sola porta alla giustizia oppure no.
Io non so, ad esempio, che cosa abbia compulsato i responsabili (direttore carcere, giudice sorveglianza) a concedere ancora una volta un permesso premio ad un detenuto pluriassassino, il quale già in precedenti occasioni aveva approfittato, allo stesso modo, di un permesso premio per evadere e assassinare, cioè un consolidato e pericolosissimo specialista del caso che è evaso ancora. Pare che uno dei due responsabili abbia respinto gli addebiti semplicemente affermando di non sapere che si trattasse di un pluriassassino reiterato evasore, ma credendo che si trattasse solo un rapinatore ((e i fascicoli personali dove sono?), mentre l’altro si sarebbe difeso assumendo che il suo operato è da ritenersi “perfettamente legittimo”! Nel frattempo si nega al “criminale” Berlusconi il permesso di recarsi all’ estero per partecipare ad un meeting politico. Perché in questo caso mancherebbe la legittimità. Eppure, più che sovente, avvertiamo in noi il senso del forte disagio e di reazione che ci produce un atto “legittimo” ma assolutamente aberrante, insensato, contrario alla natura umana; così come altri atti considerati illegittimi vengono avvertiti e vissuti, al contrario, adeguati alla nostra umanità. Malgrado ciò, c’ è ancora chi, indigente di ogni altro principio etico o degli attributi necessari per sostenerlo, o ubriaco di quel potere di giudicare sltanto e in base al parametro della legittimità, si arrocca soltanto in questa: la legittimità, che è precario artifizio e non valore che possa guidare da solo i comportamento degli uomini. Comodo, sbrigativo, inesauribile alimentatore di autoritarismo. Rammentiamola spesso Norimberga, e facciamola conoscere ai posteri.
E il buon senso? Tu chiamalo se vuoi…un inutile, fastidioso impiccio. Gaudeamus igitur: é l’ allegra storiella del Che Sarà Mai!? Che ragione c’ é, allora, di lamentarsi? Facitece o piacere! Domani, allora, fatelo ancora. Anzi, potevate dircelo prima così, almeno, non c’ incazzavamo inutilmente…