Note a margine n.313

libertà

LA CIVILTA’ DEL DIRITTO: UN AMORE DISCUTIBILE

Tra pochissimo, giunto ormai agli sgoccioli, sarà portato a termine l’ affaire Berlusconi. Vent’anni di guerra scatenata – a furia di battaglie cruente e a fuoco incrociato da parte di un paio di gruppi guerriglieri corazzati dagli scudi delle funzioni deresponsabilizzate e delle leggi miratamente interpretate – presto andranno a formare il passato. Con un bilancio spaventosamente in rosso dove, da un lato, si evidenziano fior di risorse pubbliche distratte dalla causa della sopravvivenza e funzionamento dei servizi sociali e dilapidate fuor di misura, e dall’ altra la strage di principi giuridici fondamentali ed essenziali alla affermazione della libertà, della democrazia. Entrambi, pericolosi precedenti che, per via della mancanza di sanzioni, non mancheranno di diventare metodo in danno di ogni cittadino. Il quale, compiacente o avverso, dovrà d’ ora in poi sentirsi esposto a questo sistema più che tutelato da un ordinamento sociogiuridico garantista.
E non si può nemmeno omettere il rilievo che, nel rapporto costo-benefici, questo tristo ventennio presenta ai cittadini contribuenti un saldo spaventosamente passivo di cui, però, in pochi si chiedono la ragione: fosse quella della difficoltà a forgiare la realtà invece di verificarla e provarla, fosse quella della incapacità ad accertare in tempi ragionevoli quelle responsabilità che la vulgata interessata pur afferma essere evidentissime e certe.
Sarà vinta una battaglia, la battaglia finale, ma la guerra – non dichiarata e proditoriamente portata con l’attacco alla civiltà del Diritto – è persa, malgrado le apparenze. I reduci dal fronte ventennale troveranno in Patria non più che qualche scatto carrieristico; la vittoria sul nemico camuffato da male assoluto non arricchirà certamente il curriculum di qualcuno dei samurai che, per non perdere il potere conquistato, dovranno inventarsi altre faide anche a danno di quelli che ora utilitaristicamente li hanno fiancheggiati. Un amore adulterino che non può avere altra sorte.
Io non so se, come, quando e perché e in che misura il plurimputato Berlusconi fosse meritevole o no di tanta stigmatizzazione: non lo so, perché il mio rispetto per la verità non mi consente di accontentarmi di quanto riportano i media cicero pro domo sua.
So, però, che quando l’ eco degli osanna e delle invettive sarà sopita, quando una sfilza di nomi cominceranno a passare dalla esaltazione della cronaca quotidiana al limbo del dimenticatoio, sotto gli occhi di tutti resteranno monumenti granitici sparsi ovunque, a dispetto dei vincitori, un memento per ricordarci una bieca storia di violenze e di eccessi, forse di abusi, a danno della nostra civiltà del Diritto che, se non si ama davvero, si è portati ad aggredire e a violare, qualunque ne sia il fine. Di Giustizia o di Ingiustizia. E contro la durezza di questi ceppi, monumenti alla libertà portati nella memoria, nessuno potrà fare più nulla. E se altri vorranno seguire l’ opera dei campioni, sappiano sin d’ ora che avranno un unico risultato sicuro: la ulteriore fortificazione del loro avversario e dell’ anelito di libertà.

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Una risposta a Note a margine n.313

  1. Zanoids ha detto:

    Egregio Prof., io penso che l’accertamento delle eventuali responsabilità penali di un cittadino sia cosa seria che deve essere condotta da persone non solo tecnicamente competenti, ma anche mature e probe, equilibrate e non faziose. Se accade di incappare nelle mani sbagliate è certo che verrà fatto affronto alla giustizia che è, prima di tutto, verità fattuale e non soltanto processuale, cioè frutto di una costruzione, di una elaborazione della realtà a favore o a danno dell’ imputato effettuata per motivi estranei alla giustizia. Ecco, pur non essendo io un fans del Berlusconi, devo riconoscere che tutto questo è mancato e che sia prevalsa una specie di accanimento, tipo caccia all’ uomo. E questo non è condivisibile da parte di qualunque cittadino, qualunque sia la sua idea politica, come il dover constatare delle evidenti disparità di trattamenti. La giustizia non può usare metodi peggiori di quelli dell’ imputato. Cordialità.

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