Note a margine n. 275

perdente

PERDENTE

Devo davvero trovarmi, per puro caso, in quel periodo della vita – che giunge sempre tardi – in cui l’ epiteto “perdente” non fa più quell’ effetto dirompente che aveva quando questo tempo era così lontano anche dalla immaginazione che nulla avrebbe potuto ferirmi di più di quella parola.

Oggi, mi accorgo che se non ti perdi e se non perdi, se non ti getti al vento, con tutte le tue idee, non riesci a seminarle per quanto tu possa sforzarti di spiegarle. Lo sai bene che molte si disperderanno, cadranno nel fondo dei vicini e questi, una volta germogliate, le estirperanno come erba cattiva, invadente, o le coltiveranno con cura facendole proprie. E magari diranno che sono erbe spontanee. E’ possibile: anche io le ho afferrate a volo quando le avevo vedute passare e mulinare prima di andare a finire altrove, non più disponibili. Forse per nutrire un passero o mescolarsi con altre, prima spaccandosi, e poi germinando e prolificando.

In questo senso, vado perdendo idee dappertutto, come da una tasca bucata lascio dietro di me una scia di monetine accumulate cambiando le poche banconote di grosso taglio alle quali ero affezionato. Forse troppo.

Eppure, io sento che, tra le tante perdite subite, questa è quella che mi conforta.

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4 risposte a Note a margine n. 275

  1. helena ha detto:

    Chi meglio di Platone ci puo’ dare risposte ?
    Personalmente mi piace pensare che le idee ci vengano date, dopo il soggiorno dell’ anima nell’ Iperuranio, quella zona oltre la volta celeste, dove appunto stanno le idee immutabili e perfette, come fossero una dote, al momento del trapasso sulla Terra, e di farne l’ uso piu’ nobile possibile durante il cammino tra polveri ed acque, come ha fatto e sta facendo Michele; a chi lasciarle in eredita e’ ancora presto da pensare, ma quante monetine sono gia’ state raccolte, urge rammendare il buco della tasca, per averne ancora tante da distribuire, che’ la strada e’ ancora lunga assai.

  2. Martina ha detto:

    Prof. carissimo, ma mi rivolgo anche a Gray e a Fidelius con i loro apprezzabilissimi commenti. Non riesco a condividere se non in minima parte questa particolare “lettura” della vita di un essere umano. Forse sarà perché mi vedo ancor così lontana, ma penso che nella vita occorre darsi anche dei traguardi e poi impegnarsi a raggiungerli per coglierne la intima soddisfazioni che ci ripaghi degli sforzi e delle sofferenze che non sempre sono quelle che ci siamo cercati. Misurarsi, anche per verificarsi, mettersi alla prova, nutrire a ragione un po’ autotostima, fa parte della vita, specialmente dei giovani. Forse, poi, verrà il tempo di cui parlate, e allora avremo da dare, da perdere molto di più. Cari saluti.

  3. FIDELIUS ha detto:

    Michele, sento di condividere in toto il tuo pensiero. Nella vita si può accumulare di tutto e lo si conserva gelosamente. Non è il caso delle idee, come parte di noi stessi. Passare in questo mondo lasciandosi dietro una scia di idee perdute, forse sarà l’ unica maniera per non essere nati invano o per caso, o soltanto per una ragione sconosciuta. Al momento cruciale del commiato, sarà di grande conforto il sapere che non ci portiamo nulla appresso, che tutto ciò che eravamo e avevamo lo abbiamo “perso” per strada, lasciando che altri se ne serva. In questo senso, mi piace l’ idea di essere anche io un perdente che ha dato e non un vincente che ha preso. Ciao.

  4. Gray ha detto:

    Michele, se questa idea l’ avessi messa in versi forse non avrebbero sfiorato la poesia tanto quanto sei riuscito a farlo in prosa. L’immagine delle idee perdute, sparse, finite chissà dove, per finire estirpate o coltivate con cura, esprime anche quel mistero che chiamano casualità ma che forse rientra in una precisa logica della natura umana tesa a eternarsi attraverso la trasmissione ad altri del patrimonio spirituale, che va sempre investito ad altro rischio. In effetti, perdere, perdersi non è altro che questo. Chi non lo fa ancora, forse, è soltanto in attesa del suo tempo, forse non ha imparato ad allargare le dita di una mano stretta attorno al suo ego. E forse non vivrà mai questa meraviglia. Ciao,

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