Note a margine n. 227

prepotenza

NEL NOMIGNOLO DELLA LEGGE

Appena in tempo, sembra. Se anche a me spettasse il patibolo sicuro come programmato per il campione del Male assoluto dai campioni del Bene assoluto, e sapessi di non avere innocenze da poter provare a contrario di una presunzione assoluta di colpevolezza, e sapessi che i miei aguzzini si copriranno col nero manto della ipocrisia, e sapessi che, poi, il mio corpo, sarà appeso a testa in giù per agevolare i coraggiosi a scalciare tranquillamente sulla mia faccia e farne poltiglia, e sapessi che, poi, toccherà ai miei sostenitori, alle loro famiglie, secondo una eroica tradizione popolare italiana, ebbene, mi consolerebbe non poco ricevere un viatico di conforto da un piccolo grande Francesco, nuovo, venuto da molto lontano. Come una stella cometa da un lungo viaggio. In molti non lo dicono, ma è come se si aspettino una specie di miracolo; anche i non credenti. Io tra quelli, forse. L’ ansia del miracolo non risparmia nessuno; eppure nessuno si rende conto che, spesso, ciò che sarebbe miracolo salvifico per alcuni potrebbe essere sciagura per altri. Ed è per questo, forse, che il grande Artefice preferisce non impegnarsi. Ma io ci spero ugualmente, col cuore; e con la ragione non vado più in là.
Non resta che sperare in un miracolo, infatti, davanti allo scempio di esseri umani prescelti e, soprattutto, davanti al disastro della vera Giustizia, organizzato per trasformare in ira e violenza le disperazioni, rancori, odi, e così ramazzare le masse avvilite, bisognose; e sento di essere anche io l’ ebreo inventato dalla follia croceuncinata, l’ ebreo senza esercito, artefice del male che va ghettizzato, per dare da bere sangue agli assetati di una giustizia rabbiosa invece di quella genuina, ormai sempre più lontana, negata, preclusa, finita nelle mani di chi potrebbe ben scegliere anche me per assegnarmi altrettanto infame destino. Come sentirsi estranei, come chiamarsi fuori? Come non volerne sapere?
Anche al più efferato degli assassini non può essere negato il conforto di un giusto processo, la parola di un giudice imparziale, il tono di un accusatore dolente per la condanna che deve chiedere, il conforto di una difesa libera, pienamente esercitata. E’ da queste premesse che comincia il possibile ravvedimento ed il recupero del reo; in mancanza, si diffonderà sempre più il senso della delegittimazione, della sfiducia, del disprezzo, del rancore verso una giustizia che ci ha abbandonati nelle mani del peggior killer sociale: la voglia di faida, incancellabile, interminabile, terribile che colpisce ogni onesto cittadino che, nato in giustizia e alimentato a giustizia, si trova adesso a dover ingurgitare prodotti succedanei e altamente tossici. Diversamente, ci si trova alle prese di una legge bulla.
E agli innocenti? Quale speranza, quale fiducia, quale sicurezza è riservata?
Ahimè, madre Italia mia, dai figli strappati, rapiti e dichiarati in stato di abbandono, affidati a mani infide per essere allevati all’ odio! Su quali montagne dovremo nasconderci braccati nel nomignolo della legge per poter gridare senza paura le nostre parole di libertà!? Quali fucili dovremo imbracciare per salvarci dalla schiavitù di negrieri impazziti!?

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