PROVOCATIO AD OPPONENDUM
Qualcuno – ma forse, solo per sfottere un povero vecchio – mi chiede come la vedo sta situazione italiana. In genere, chi ti chiede una risposta non vuole nemmeno ascoltarla, non gliene frega niente: è soltanto per avere l’ opportunità di dirti il suo pensiero, o magari, ma stai scherzando?! Non ti lascia parlare nemmeno, il minimo sindacale per abbozzare una spiegazione, una perplessità, una incertezza… Io invece…ma com’è possibile…scandalismo a gogò. E ti spara una raffica ad alzo zero di improperi e imputazioni.
A volte la prendono da lontano: e ci cascavo spesso in queste trappole da processo similkafkiano, e addio serenità della cenetta, dell’ aperitivo, della passeggiata…
Mò mi provocano sulla “situazione” che, poi, nel gergo del sottinteso folkloristico, ha un nome e cognome.
E per blandirmi, spingermi a parlare, non esitano a fare appello ad ogni tipo di tranello dialogico.
Da noi, nell’ africa del nord, abbiamo una quasi risposta, quattro stagioni. “E’ dura”, scuotendo la testa due o tre volte a secondo della misura della durezza-scala di Mohs che intendete, con sopracciglia alzate e palpebre semichiuse. La uso alla bisogna, a volte, ripetendo testo e mimica; riesce. Se proprio il curioso interlocutore dovesse insistere per meglio contestualizzare, è sconsigliabile dichiarare il “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”, saremmo spacciati di fronte a questa orda di piemme domenicali pronti a interpretarla come una ampia confessione del misfatto.
Più efficace, per tutti gli usi consentiti e in carta libera,: “Va’ ad arrekkesc n’aldun”; col corollario, se il grado di confidenza lo consente, “Fatte accattà da ci non te canosce!” (il che tradotto nella lingua degli invasori), equivale: Vai ad arricchire qualche altro; fatti comprare da chi non ti conosce!
Io ultimamente ne ho coniato un altro: La situazione? Speriamo che sia femmino! Faranno finta di aver capito e non oseranno chiederti ulteriori spiegazioni. Cornafacendo e a diopiacendo,