Note a margine n. 165

CUCINE LURIDE E MENU’ SCINTILLANTI: CI PREPARANO IL VOTO

Nelle cucine dove stanno preparando per servirci il piatto forte della democrazia partecipativa, il voto, stanno lavorando con le mani sporche. Gli ambienti sono sempre gli stessi: dominano il lerciume ed il fetore del grasso rancido accumulato dappertutto.
Non c’ è norma igienica – anche la più elementare – che venga rispettata. Un viavai di cani e porci che si mescolano agli scarafaggi, formiche, pidocchi: zecche e piattole persino. Nessuno sorveglia.
Ognuno ci mette del suo per poterci ammannire una pietanza che – al di là dell’ aspetto e dei pomposi nomi nuovi proclamati sul menù dagli chef, di diversa scuola ma accomunati dagli intenti – servirà solamente a sbolognare cibi scaduti, adulterati, contaminati. E ad assicurarsi la ripartizione di utili, meglio: lo sfruttamento del bottino per i prossimi anni o a vita. Il “pizzo” sulla vita di ogni cittadino sotto forma di tributi di ogni genere.
Ogni operatore proclama e garantisce draconiane prese di distanza dal vecchio, annuncia intenti di rottamazioni, e si propone spacciandosi per il nuovo. Ma non è vero. Anche il cosiddetto “antipolitico” è in agguato per gettarsi a capofitto nella ricca spartizione “chicagoan”. Il Parlamento è uscito dalla catalessi promontiana e si attiva affannosamente soltanto per formare le squadre, pardon, le squadracce con le quali dovremo vedercela tra pochi mesi.
In nome del nuovo, nessuno di noi si aspettava suicidi ritiri politici da parte di fameliche orde passate dalla iniziale razzia alla pratica consolidata dello sfruttamento parassitario legittimato da norme predisposte da loro stesse a proprio uso e consumo, ma almeno che si lavassero le mani visto che con la coscienza non ci hanno nemmeno provato.
Il nuovo che avanza sarà un nuovo giro al ricco buffet, da parte di chi ha già digerito o è in attesa del suo turno alla mangiatoia. Tutti sono accomunati dall’ avidità di diventare lo Stato ed esercitarne poteri e privilegi. Lo Stato che può tutto. Quella di servire, invece, lo Stato e la comunità è la favola bella per addormentare i pargoli sonnacchiosi, i fatalisti, gli aspiranti servi, i campanilisti e gli ultras della curva nord da campionato di calcio, per dare soddisfazione a quelli per i quali la democrazia è soltanto una ciclica successione di ripicche, rivincite, rappresaglie e vendette. Anche il più miserabile sarà felice se potrà dire: abbiamo vinto! La propria miseria non cambierà ma gli sembrerà meno gravosa.
Commuove il ricordo – che dovrebbe sprofondarci nella vergogna – di un nostro ex presidente dello Stato che, a sprezzo del ridicolo e della sfrontatezza, osò, tra le altre cose che osò, sorvolare l’ oceano, andare al Congresso degli US e là spiegare cosa è la democrazia. Stettero tutti buoni ad ascoltarlo per dovere di ospitalità. Il resto lo scrisse la stampa in virtù di una libertà che da noi è sconosciuta e che, d’altronde, pochissimi vogliono davvero se non per sé.
L’ eletto diventa onnipotente, si pone al di sopra della legge, dilata sino a perderla per esplosione la sua dimensione di uomo-cittadino: anzi, scrive lui stesso le norme perché egli
si identifica con lo Stato. É convinto che gli spetti, quindi, approfittare sui sudditi, l’ état c’est moi, prendere, quindi, non è rubare. É questo il virus che infetta le menti di chi si occupa della cosa pubblica, persona nuova è solo chi ne è immune e che abbia gli anticorpi per restare tale.
Nell’ ottobre del lontano 2007 pubblicai l’articolo che riporto appresso. Perché nel frattempo, da allora non è cambiato niente. Guardate e poi riflettete su che fine abbia fatto quel poco di speranza che ben cinque anni fa volevo tenermi ancora.

“Persone nuove e buona memoria: una difficile prospettiva. Una riflessione di Michele Lamacchia (ottobre 2007)
“Profondo disorientamento, sconcerto, quasi sgomento. Ecco gli effetti che se ne riportano. E non si riesce neanche ad immaginare una via di uscita e una concreta chance di recupero dei valori perduti.
In uno Stato dove – senza alcuna difesa preventiva e con scarse possibilità di successo in sede repressiva – i cittadini, drammaticamente assediati dalla inciviltà dilagante ed incontrollata, si dibattono ogni giorno (e ogni notte) vittime inermi di orde di selvaggi di ogni tipo e razza che li assoggettano ad efferati crimini in famiglia, al lavoro, in casa, sull’asfalto delle strade, e sono spremuti, compressi, sfruttati e dissanguati anche da parte di chi ha compiti e precise funzioni di segno contrario (e che ci aveva fatto ben altre promesse), avviene anche che vengano alla ribalta, col massimo della crudezza, anche dichiarate ipotesi ed accuse di lotte tortuose e clandestine all’interno di ambienti che, per definizione, devono essere e devono apparire come al disopra di certe vicende da ascriversi al più basso profilo possibile.
Ed il mannello delle reciproche rimostranze, contestazioni, addebiti, denunce, querele, richiami, avvertimenti che nutrono i disparati mass media sollevando risentimenti e sdegno a gradi di pericolo, nel giro vizioso del ‘giudicante/giudicato/giudicante’, è ormai talmente complesso ed intricato che non può ragionevolmente ritenersi mai più possibile che se ne venga a capo, o che si possa mai più giungere ad un soddisfacente accertamento della verità. Quella in cui si può credere davvero e che fa riacquistare serenità.
Anche per via dell’aggiunta dei garbugli, veri o presunti, con esponenti di altre funzioni dello Stato, e della furba abitudine di molti, che al momento conveniente, radicalizzano lo scontro identificandosi abusivamente con la categoria o addirittura con i poteri dello Stato.
Non è una scusante l’assunto che ‘i cittadini non sono meglio di loro’ (lo dicono loro); è un problema, invece, il fatto che ‘loro non sono meglio dei cittadini’.
Se mai vi saranno procedimenti giudiziari (a questo punto è da sperarsi vivamente che ci siano, almeno si salva la faccia di un intero popolo) questi dureranno i consueti tempi indecenti e sfoceranno in verità puramente processuali su fatti o comportamenti che saranno ritenuti penalmente rilevanti o non rilevanti. Ma ciò che è sordido resta tale, in ogni caso.
Con buona pace della verità effettiva (persa in partenza) e dei principi morali (violentati da ipocrisie e dai maître-à- penser volontari o a libro paga), entrambi elementi estimativi che, nei confronti di operatori verso i quali è oggettivamente indispensabile poter nutrire affidamento, per l’opinione pubblica sono di gran lunga più rilevanti di una sentenza assolutoria o di condanna. Opinione pubblica che, invece, avverte il naturale bisogno di attribuire il massimo del senso morale e della rettitudine a coloro che oggi, al contrario, stanno riducendosi il fisiologico livello di stima e di fiducia. Ma occorrerà attendere almeno una intera generazione di ricambio e molti buoni esempi.
Per gli esponenti di certe essenziali funzioni/poteri sociali non può bastare la declaratoria dell’innocenza legale, della non rilevanza penale: occorre soprattutto la statura morale, una statura che promani da sé attraverso un contegno talmente esemplare da riflettersi negli occhi, nella mente e destare rispetto nel cuore dei cittadini, perché questo deriva soltanto dall’ autorevolezza e non certo dall’autoritarismo.
Ebbene, al momento in cui si consuma lo scempio di uno spettacolo così brutale, cruento ed esiziale in danno di un avanzato assetto civile, nessuno resta immune da profonde ferite. A lungo cercheremo rimedi: i postumi saranno permanenti. Ma occorrerà, comunque, tentare, cominciare.
Avremo assoluto bisogno di persone nuove e meritevoli, e di coltivare una solida memoria che duri e sia buona maestra nel tempo a venire. E di tanta voglia di imparare, finalmente, dalla storia. E dalle brutte storie.”

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Una risposta a Note a margine n. 165

  1. angelo scrimieri ha detto:

    Dal 2007 è cambiata la faccia politica di questo nostro povero paese. C’è stato un golpe bianco e non è poco, e seguito da un governo tecnico (si fa per dire) di personaggi molto noti per altri motivi. Prime cosa facevano? Lo sappiamo in pochi. Questo è il dramma!E non è la prima volta che assistiamo a questo scempio.Gli italiani e non tutti, commentano così: ava passà a nuttat!

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