SCRIVO A BRACCIO
Devo assolutamente ringraziare i miei pochi commentatori che hanno la santa pazienza non soltanto di leggermi ancora, ma anche di mettere giù qualche osservazione il cui pregio non può sfuggire alla attenzione.
Tra il raffinato pittoricismo poetico/gnomico di Helena e gli elogi di Claudia che addirittura mi evoca Catone (Vir bonus dicendi peritus: “uomo probo onesto nell’arte di parlare…rem tene verba sequentur : “domina saldamente l’argomento” ) mi disoriento.
A noi giovani di studio confidava l’ anziano avvocato, maestro di diritto e di vita, presso il quale tanti anni fa feci pratica forense: “La gente pensa che io sia un grande avvocato; non è proprio così, ma io lascio che lo credano”. Naturalmente, era veramente un grande e la sua modestia lo confermava.
Che dire? Io so che una buona metà delle cose che mi vengono attribuite non sono meritate; e non so nemmeno quale sia la metà vera; perciò, mi compiaccio, continuo lo spaccio, e, per trarmi d’ impaccio, taccio.
Un abbraccio.
Egregio Professore,
pur avendo già colto il senso della Sua nota n. 153, devo aggiungere che tra quelle righe leggo anche la parte del poeta che tanto bene svela ciò che prova l’uomo.
Carica di pathos, ha suscitato in me grande emozione!
“…un fiore di seta sdrucita e poi preso tra le dita, lucidato tra il pollice e l’indice e dopo portato d’istinto infantile sulle labbra…”
Ma in tutta la Sua nota, anche nei passi più scabri dove si inaspriscono punti di disperata-speranza, scorgo un’ eleganza non cercata, direi congenita.
Il caffè come un bacio, se ne assapora il gusto, dell’uno e dell’altro!
Vorrei essere un novello Toulouse solo per ritrarLa su quella sedia “ in ferro: lui battuto…”, piuttosto che su paglia di Vienna di una thonet, e con lo sguardo basso, pudico, per così celare agli altri le “brevi sequenze “ e “i pensieri bisognosi di rattoppi”. Intenso coinvolgimento!
A Lei ne farei dono annotando, come il Maestro, sul dipinto:
“A mon ami…”
Claudia