MANUALE DELL’ INCAZZATO
Dopo lungo e faticoso processo approdato ai massimi vertici della giurisdizione, la Corte di Cassazione, sempre Suprema, ha deciso che dire a qualcuno: “Lei non sa chi sono io!” è reato, perseguibile penalmente, dunque. Se l’ asserto è corredato da : “gliela farò pagare”!
Chissà se una delle due frasi, da sola, sia ugualmente reato. Attenzione; se proprio vi viene, dite: “non credo che ci conosciamo, tuttavia, mi adopererò affinché Lei risponda del Suo operato”
Dopo la storica famosa sentenza assolutoria della Suprema sul “vaffanculo” profferito in pubblico, e l’ altra, altrettanto assolutoria ma non meno epocale, sul “buffone” lanciato all’ indirizzo di un politico, resta un po’ difficile districarsi sulla liceità lessicale in casi in cui manchi il tempo e la calma necessari per consultare Digesti e Pandette prima di esprimersi all’ indirizzo dell’ interlocutore.
Come per il campo tributario, dovrebbero istituire l’ istituto dell’ Interpello – velocissimo o in tempi reali, on line – onde rendere preventivamente edotto il cittadino sugli effetti delle proprie parole, o omologare un manualetto ufficiale cartaceo del “si dice o non si dice”. Anche a proposito delle mamme.
Nel frattempo, resteremo in ansiosa attesa, alle prese con i morsi dell’ angoscia, chiedendoci se l’ aver detto l’ ultimo “lei mi ha rotto i coglioni” identifichi la fattispecie penale del reato di diffamazione (art. 595 c.p. comma 2° ) ove l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato (pena della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065).
Stesse notti insonni per chi abbia detto “Lei mi ha scocciato” (rotto la coccia), “mi ha seccato” (mi ha privato della linfa vitale), “mi ha scassato la minchia”(mi ha arrecato gravi danni all’ epididimo), e così via.
In uno Stato così “legiferoso” come il nostro, un siffatto manuale “sempre con me” sarebbe un toccasana per tutti i questionanti e sicuri risparmi di energie giudiziarie per cose non meno importanti che accadono e cadono in prescrizione.