Note a margine n.106

LA MEMORIA

Nel febbraio del 2008, pubblicai sul quindicinale MERIDIANO SUD (Bari) che ospitava i miei articoli, qualche riflessione a margine della Giornata della Memoria, soffermandomi solamente su alcun aspetti, non certamente secondari, del ricordo di eventi tragici consumati per volontà dell’ uomo, non sempre, al contempo, essere umano.
La memoria è una preziosa risorsa del’ uomo, ma può diventare anche pericoloso stimolo a comportamenti laddove essa operi in termini inadeguati, in un mondo che, invece, necessita urgentemente di processi di matura riappacificazione, in un perverso ciclo di odiati-odianti-odiati condizionati all’ infinito proprio dalla memoria vissuta e non metabolizzata. Conseguenza e causa di faide interminabili.
Questo pensiero tentai di esprimere, pur con tutto il rispetto che l’ Umanità deve agli eventi, con la speranza che fosse inteso come una prospettiva da non sottovalutare.
La ricorrenza e le parole di commento inviatemi da Helena alle mie note n. 104 mi inducono a riproporre qui, quanto pubblicai tre anni or sono.

83 – Giorno della memoria e TV: La violenza delle immagini e la brutalità delle parole. Una riflessione di Michele Lamacchia (febbraio 2008)

TV. mostrare o nascondere? ricordare o dimenticare? Se ne discute animatamente. Ma non se ne viene a capo. Eppure, si dovrebbe capire – specialmente a distanza di mezzo secolo e ad una certa età – che non sono questi i giusti termini per stimolare una risposta razionale che, mi sembra, è soltanto un’altra: “imparare”. Anche per prevenire e per non ricadere negli stessi sbagli. Gli altrui ma anche i propri.
Raspollare tra gi accumuli di ciò dell’Umanità ha ripudiato e rifiuta, per il solo fine (o con metodi che hanno il solo effetto, anche involontario) di tenere desto il senso del risentimento delle vittime verso i colpevoli e diffonderlo, propagarlo alle nuove generazioni, è comportamento di chi non ha imparato nulla dalla storia ed è destinato a ripercorrerne gli errori. Nelle scuole palestinesi insegnano ai bambini ad odiare gli israeliani: che cosa ne può nascere? Di tutto; ma non certo un mondo di pace, quella che tutti dichiarano enfaticamente di volere ma non sanno veramente cercarla o promuoverla con i fatti e neanche con le parole.
Chi – vittima o testimone di violenze fisiche-ideologiche (di ogni tipo e colore), motivato dal dolore che stimola il risentimento e usando parole e toni senza innocenza – semina odio, si prepari a raccogliere altro odio. Anche nelle direzioni non volute o non prevedibili. La violenza-pensiero, la violenza-parola e la violenza-azione sono tre fasi di una medesima gestazione criminogena. Tutte le tristi violenze di ogni tempo che ci portiamo in memoria ebbero i loro ideologi, fautori, istigatori ed esecutori. Non possiamo e non vogliamo ripetere oggi le stesse nefandezze di coloro che giustamente noi condanniamo.
La storia dell’uomo è caratterizzata da una serie continua di cicli emozionali e comportamentali che si ripropongono come causa-effetto-causa. Sta all’uomo giusto e migliore degli altri usare l’ intelligenza e la saggezza di spezzare con coraggio almeno un anello di questa catena di reazioni condizionate che ci riducono alla condizione di macchine programmate o programmabili. Basterebbe questo: spezzare appena un anello. Non mi sembra che negli USA la gente si adopri ancora per riesumare e riattivare i ricordi delle note violenze della guerra di secessione, o che in Francia si scavi ancora tra le colpe e gli eccessi dei ghigliottinatori della rivoluzione.
Sì alla memoria: é il minimo del rispetto e dell’attenzione che si deve alle vittime innocenti della violenza. Di tutte le violenze, di ogni tipo, colore e tempo. Ma assolutamente non alla retorica evocativa che si estrinseca in strumentali messaggi, criptici, subliminali, o apertamente dichiarati ed amplificati – che, attraverso l’uso artificioso delle immagini, delle parole e dei toni altrettanto non innocenti – ci ritrovino sprovveduti soggetti passivi ed ottundano il nostro senso critico della storia. Che è quella del passato ma anche quella che stiamo vivendo e stiamo preparando.
No al riattizzamento del fuoco dei sentimenti di ritorsione e rappresaglia: non macchiamoci della colpa di strumentalizzare le nuove generazioni per recuperi di vendette differite che alle vittime non fu possibile consumare direttamente, personalmente, a loro modo. La storia, a suo modo e con i suoi mezzi, ha già stigmatizzato, condannato, giustiziato. Questa è la civiltà della storia ed è la storia della civiltà. Perdoni e oblii non cancelleranno mai le responsabilità. Quelle resteranno, comunque.
La nuova violenza, emotiva o fisica, che si intende perseguire di rimando non azzererà mai la precedente: anzi, la coltiva e nutre il terreno per un nuova stagione. E, per tale via, come potrà mai interrompersi la faida?
Da ascoltare con grande attenzione, in proposito, i pensieri delle famiglie delle vittime dei terroristi, così vicini a noi e già così “capiti” e già così “perdonati” anche contro la loro stessa proterva volontà e, magari, portati alla ribalta dei media o persino da mirate iniziative legislative anche costituzionali tese a favorirli. Famiglie dalle quali non si ode mai una parola di vendetta, ma soltanto di dolore vivo, cocente, tuttavia, metabolizzato con esemplare maturità e dignità. E di grande insegnamento: per chi abbia, ovviamente, gli strumenti per capire e non la mente ottusa da inabilitanti ferite postume permanenti o da indottrinamenti, o per chi, in fondo, non sia fatto di pasta migliore dei carnefici e dei loro rabbiosi istigatori.
E’ eticamente lecito gestire in libertà di coscienza il sentimento del perdono, ma non quello della ritorsione, ancorché soltanto dialettica, (oppure, persino in forma omissiva) perché questa, anche per via della sua oggettiva capacità di istigare a violenze e sopraffazioni giuridico-fattuali, non è meno immorale delle colpe che, per tale via, si intendono ripagare. E’già accaduto di soprassedere, tralasciare, indugiare, ammiccando con benevola o distratta comprensione ai cosiddetti “ nostri fratelli che sbagliano”, di non volerne sapere più di tanto, di non fermarli in tempo e di doverne, poi, raccogliere l’eredità di sangue che hanno sparso colpendo tra gli innocenti. L’abbiamo vissuto abbastanza di recente e visto con i nostri occhi. E ci ha procurato orrore, quello che tutti avremmo dovuto intuire, impedire e fermare in tempo. E la scoperta degli attuali epigoni ci avverte ed ammonisce che non è ancora finita.
Serva soltanto a questo la memoria: a volerne sapere davvero. Ad imparare a non fermarci mai più per circoscrivere faziosamente la violenza e la ferocia dell’aggressione e quella della ritorsione, semplicisticamente selezionandole e catalogandole di volta in volta nelle categorie del “bene” o del “male”. Violenza e ferocia sono sempre uguali, comunque motivate.
La parte di Umanità più attenta al problema della propria sopravvivenza e della convivenza pacifica ne trarrà prezioso ammaestramento. Ma dovrà penare davvero per trasmetterlo agli altri.

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4 risposte a Note a margine n.106

  1. Domitilla ha detto:

    Esimio Dr. La Macchia

    Mi decido! Approfitto della forzata permanenza in casa,
    per virus influenzale, per scriverLe due righe.
    Lo prenda come un augurio ed un omaggio a Lei, che molto stimo e
    seguo, Le riconosco una grande conoscenza dei fatti, l’obiettività, la
    passione ed anche un Suo coraggio in un mondo ormai di pusillanimi.
    Mi trovo a condividere quanto scritto da Sandro, se ne parla ancora
    troppo poco delle Foibe, qualcuno ancora se ne vergognerà…
    Purtroppo ho constatato la lacuna anche nei programmi scolastici,
    grave omissione; i ragazzi dovrebbero conoscere meglio la ‘Storia’,
    l’essere informati comporterebbe una più obiettiva visuale dei ‘Fatti’
    e dei ‘Misfatti’. Si penerebbe meno se a “ trasmetterlo ”, questo
    “ prezioso ammaestramento ”, si iniziasse proprio da lì,
    sui banchi di scuola! Mi scusi, comunque, se mi accodo anche io alle diverse altre riflessioni sull’argomento.
    Abbraccio il ‘Suo Pensiero’ e Lei col quale avrei volentieri una vera ed interessante conversazione, senza le strettoie della scrittura. Con amicizia,

    Domitilla

  2. Claudia ha detto:

    Ci sarebbe molto altro da dire, caro professore; ma capisco che l’ argomento è troppo vasto ed ha troppe angolazioni prospettiche per poterlo trattare in misura esaustiva nelle pagine di un blog.
    Condivido, tuttavia, quanto da Lei scritto e gran parte dei commenti. La leggerò ancora volentieri. Un bacio, se mi permette.
    Claudia

  3. helena ha detto:

    Penso sia chiaro che lo spazio troppo bianco a cui mi riferivo , era lo spazio destinato ai “Commenti”, e quel che mi dispiaceva era quel snso di vuoto, di indifferenza verso l’argomento che la nota aveva trattato. I morti sono morti, sono tutti uguali. Non e’ proprio cosi’. Sono tutti uguali quando giacciono sopra o sotto terra, ma non uguale il vissuto per arrivarci.
    Comunque che valga per tutti i viventi del mondo: “She lo ihie’ leola’m shoah ckadasha’!” . Che non ci sia mai piu’ una nuova shoah!
    Molto interessante la riflessione di Michele Lamacchia (febbraio 2008)
    83 – Giorno della memoria e TV: La Violenza delle immagini e la brutalita’ delle parole.
    Piu’ che una riflessione e piu’ di un articolo: una grande lezione di vita, di comportamento dei mezzi di comunicazione, di etica dell’informare, di insegnamento per imparare.. Questo, conclude, e’ importante, “imparare”. perche’ simili tragedie non si ripetano, “per prevenire e per non ricadere negli stessi sbagli” dice.
    Da leggere e rileggere, questa grande lezione, da dibattere,certo, anche fuori da qui, ne varrebbe davvero la pena. Mostrare o nascondere? Ricordare o dimenticare? Mi vengono in mente Sartre e Camus, associazione di idee: “Stam” dicono gli Israeliani, Cosi’!
    Ricordare pero’ sempre, ma senza strumentalizzazioni, che non sia la Memoria una banale ipocrisia.

  4. Sandro ha detto:

    PERCHE’?
    Mi domando il perché di questi ‘ distinti ’ giorni del ricordo: Shoah a gennaio, Foibe a febbraio, Fosse Ardeatine a marzo…in un unico giorno non si potrebbe riunirli tutti?
    Si potrebbe tacere ricordando il dolore, commemorarli, forse anche pregare, tutti insieme… comunque per tutti!
    Trovo farsesco, inadatto, irrispettoso proprio per quei morti continuare, anche all’altro mondo, distinguerli gli uni dagli altri…
    Distaccati partecipanti in rappresentanza, una sfilata, solo un pro forma davanti alle telecamere, un teatrino.
    Meravigliosa la Sua “ riflessione ” pubblicata nel 2008!
    Lei parla di “ matura riappacificazione ” di “un mondo di pace…cercarla e promuoverla veramente con i fatti ”
    Un’utopia? …è solo amando che noi potremmo salvare l’umanità!
    Vero è ciò che Lei scrive:
    “ …Violenza e ferocia sono sempre uguali, comunque motivate.”
    Dare un segnale, uguali i morti!

    Non posso fare a meno di pensare al prossimo il 10 Febbraio, il Giorno del Ricordo: le Foibe (legge n. 92 – 30 marzo 2004), per onorare quei martiri con la sola colpa di opporsi all’espansionismo comunista.
    Cadaveri mai recuperati… di quanti furono i morti non si sa la cifra precisa.
    “Non dimentichiamo le loro sofferenze e la sofferenza di chi è rimasto vivo, ma comunque da solo, proprio perché la politica, le istituzioni, la gente li considerava estranei e criminali.
    Quindi venivano tacciati di essere reazionari fascisti, secondo l’equazione manichea che bollava senza distinzione: “esule uguale fascista”, e furono lasciati soli nel loro dramma. ”
    Questa poesia, di un autore ignoto, racconta l’orrore e le atrocità.
    In che modo barbaro e disumano migliaia e migliaia di persone furono uccise, anche a guerra finita! Con il silenzio assenso di un Ministro di Grazia e Giustizia del primo Governo Repubblicano,
    che vergogna!
    Non c’era colpa, non c’era ragione, solo perché si voleva essere semplicemente ITALIANI… e questo non lo dobbiamo dimenticare!

    LE FOIBE

    Eran giorni di sangue
    Eran giorni senza fine
    Per le orde slave l’ultimo confine
    Eran già gli ultimi fuochi di una infinita guerra
    E quei barbari feroci volevan quella terra
    Uomini e donne venivan massacrati
    Loro sola colpa italiani essere nati
    Vecchi bambini gettati negli abissi
    Spinti giù nel vuoto dai gendarmi rossi
    Foibe nella roccia e di roccia anche il cuore
    Di un maresciallo boia di tanta gente senza nome
    Venivano sospinti con furore e odio
    Vittime prescelte un vero genocidio
    E dopo 50 anni han finto di scoprire
    Ciò che si è sempre saputo
    E continuano a mentire
    Ma non avran mai pace quelle nude ossa
    Finché esisterà l’immonda bestia rossa
    È passato tanto tempo ma il mio cuore gioisce ancora
    Quando signora morte suonò la sua ultima ora
    Per quel maresciallo assassino di innocenti
    Per quel boia immondo aguzzino di tanti
    E non posso più scordare che il mio cuore piange ancora
    Al ricordo di un presidente che ha baciato quella bara
    Presidente di quell’Italia che ha voluto dimenticare
    Chi fu massacrato perché italiano voleva restare.

    di un Anonimo, testimone sopravvissuto

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