Note a margine n. 87

UN ANNO TANTO

Non credevo che ci sarei arrivato. Ma “…le temps passe et court en battant tristement dans mon cœur si lourd…” . Così venne tradotta in francese (Titolo: J’attendrais, testo di Louis Poterat e diffusa in patria dal grande Jean Sablon) la famosissima “Tornerai” che Dino Olivieri compose nel 1937 e che, col testo riscritto nel ’43 da Rastelli, accompagnò le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale, la pena straziante delle mamme e delle mogli per i dispersi al fronte, ed in attesa di improbabili ritorni.
In memoria, ne porto ancora vive immagini e note per esperienze molto dirette e vicine. Non senza tenerezza per quanto possa essere struggente.
Una delle poche “fedeli” lettrici di queste “Note a margine” ha avuto l’amabilità di rammentarmi che, oggi, 21 dicembre 2011 il mio blog compie il suo primo anno di vita e, per questo, ha voluto farmi i suoi auguri. Mi era passato di mente; la ringrazio per entrambe le cose. Di cuore. Ma il tempo passa e corre…Alla mia età, gli anniversari scandiscono i tempi all’ insegna sbiadita che ben poco ha di gioioso. Un anno è tanto.
Che dire per l’occasione? Nulla. Suggeritemi voi come potrebbe mai fare un attempato brontolone cronico a sintetizzare in poche note tutto ciò che vorrebbe dire, coniugandolo con quello che agli altri non interessa, e condannato senza condizionale a tacere di quello e di questo, perché da noi anche le facce più toste del quarzo sparano a zero querele per diffamazione e, se queste sono qualificate in certe caste, i relativi processi – a differenza di tutti gli altri – sono più veloci della luce e arricchiscono le facce di culo costituitesi parti civile. Ci ho famiglia e mi manca una terra dove rifugiarmi all’ occorrenza.
Allora, continuerò a brontolare, comme d’ habitude; parlerò d’altro, mentre, con la mente impegnata ad osservare priorità di sopravvivenza affidate ‘tecnicamente’ in mani inadeguate che ci mandano in piena recessione, penserò il peggio possibile. Tanto per distrarmi. Panem et circenses.
Dunque. Del genio nazionale Umberto Eco mi sembra di aver già scritto qualcosa in questo mio blog da strapazzo snobbato dai più e da tutta la intelligentia culturale autoreferenziata, quella doc, di sinistra.
Recentemente, tutta la stampa tedesca, pragmatica come sa esserlo, ha avuto modo di stroncare l’ ultimo romanzo del Maestro italiano “Cimitero di Praga”, definendolo, tra l’altro, uno “…schedario di persone, mappe stradali e bibliografia una specie di stradario”, dichiarando senza mezzi termini che “come romanzo il libro e’ nel caso migliore un fiasco di alto livello, un noioso ammasso di inverosimiglianze grottesche”, e stigmatizzando l’autore: “fallito nell’unica cosa in cui può fallire, nella sua passione per l’intrigo”.
E così, l’ autore de “Il nome della rosa” – scritto tra il 1978 e il 1980, e di grande successo internazionale – è stato bacchettato come un bambino che ha fatto il monello ed è stato messo in castigo.
Tra gli altri spunti narrativi che si snodavano in una serie di trovate affascinanti ideate dal Maestro, in quel bel romanzo, era stata assai apprezzata la genialità del singolare modo escogitato dall’ assassino per organizzare la soppressione delle sue vittime, note o possibili. L’avvelenamento delle pagine di un antico manoscritto (II libro della poetica di Aristotele che giustifica e apprezza il riso) il cui contenuto, a suo giudizio, doveva restare segreto. Ognuno che avesse umettato con le labbra il dito per girarne le pagine avrebbe ingerito una sia pur piccola dose mortale del veleno: ecco la trovata geniale che fino all’ ultimo tenne i lettori col fiato sospeso, nel dubbio del mistero e affascinò anche la critica.
Da appassionato e incallito lettore giallista anche io affondai in quella lettura e ne gustai davvero la originalità dell’ espediente criminale che non poco aveva contribuito al successo del romanzo e del film che ne fu tratto. Eppure.
Eppure, sin dal primo momento avevo avvertito un che di disagio, quasi impercettibile. Rimuginavo su una semplice sensazione, ma non ne venni mai a capo. Poi, a distanza di molti anni, inattesa ecco giungere la risposta.
Questa è offerta in un bel filmetto con un bravissimo Walter Chiari, sorprendente protagonista in ruolo serio, “Il giovedì”, una gradevole commedia in bianco e nero del regista Dino Risi, proiettato in sala nell’ aprile del 1963, che anticipa di molti anni la situazione amara dei padri separati, con l’abile sceneggiatura scritta da Gabriele Pipolo, Stewart Castellano e dallo stesso Dino Risi. In una scena, il figlio di otto anni, ipereducato in collegio svizzero dalla madre, confida al padre in giorno di visita (Il giovedì) che, con l’amichetto di banco, hanno escogitato il sistema per ammazzare il cattivo professore: avvelenare le pagine del suo registro di classe in modo che questi, umettandosi il dito tra le labbra per sfogliarne le pagine, ingerisca il tossico e muoia finalmente.
L’ hanno mandato in onda ieri in prima serata su La 7, l’ ho riguardato con interesse e mi sono ricordato della geniale ed ‘originale’ trovata thriller che il Maestro Umberto Eco ideò nel suo “Il nome della rosa”, facendone il mistero portante dell’ intero romanzo scritto 15 anni dopo l’ uscita del film di Risi.
Forse pensava che noi gentucola da nulla ce ne fossimo dimenticati. Non è stato così.
Quando si dice il caso…
Dopo tutto, non sarebbe che una ulteriore conferma. Infatti, qualcuno, forse Picasso, avrebbe detto: Il mediocre copia, il genio ruba. Sarà così?

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Una risposta a Note a margine n. 87

  1. ledy ha detto:

    Auguri Michele,si è vero,il tempo passa e corre,ma alla tua età,caro ” brontolone cronico ”
    dovresti essere felice di ciò che hai scritto in questo anno.
    Ti abbiamo letto tutti con piacere,hai trattato tanti argomenti interessanti,parlandoci di attualità,di politica,di poesia e di tante altre cose,informandoci anche di fatti avvenuti e che magari non
    conoscevamo ( mi riferisco a me stessa ).
    Ti prego scrivi ancora per noi,vorremmo festeggiare altri anniversari. !!!

    ILTEMPO CHE PASSA

    E’ strano come l’alterno fruire del tempo
    riporti spesso a quasi uguali scadenze…..
    …quante cose ci riporta il tempo !
    unisce,disunisce,ci rasserena e ci turba,
    Qual’è il sottile sogno degli uomini ?
    Fermare il tempo e fissarlo per sempre
    proprio nel momento della gioia più grande.
    L’uomo tuttavia può almeno viverlo
    con la speranza della tranquillità

    ANONIMO

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