“ CARO MARIO, ti scrivo…ENRICO “
Novembre, “I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno feriscono il mio cuore d’un monotono languore”. (Les sanglots longs des violons de l’automne blessent mon cœur d’une langueur monotone). No, non è il criptomessaggio per un nuovo sbarco in Normandia. Tranquilli, se potete. Verlaine è una curiosa coincidenza rievocatami casualmente da qualcuno.
Da modesto uomo qualunque, segnato ab immemorabili dalla sindrome della piccola borghesia congenita e non curata a dovere, continuo a trascinare la mia esistenza – misera di look e allergica alla mondanità – nella contraddizione dello sguardo in basso e la testa tra le nuvole. Non mi manca, tuttavia, qualche sbirciata veloce alle cose intermedie, memore dell’adagio aristotelico (in etica Nicomachea), e ripresa da Orazio nelle Satire: “in medio stat virtus”.
Ma, lì ci trovo il ditone ensiforme sguainato da Bossi, novello Alberto da Giussano, e l’ ala della subdola “Cosa bianca” che, dopo il raduno nel bagnasco di folla di Todi, è riuscita a dare la stilettata finale al Governo del Berlusca e a piazzare nel nuovo ben tre dei suoi adepti che nel meeting nel paese di Jacopone si distinsero per presenza e cattocarisma. Altri seguiranno in veste di sottosegretari (vice ministri), anche grazie alla volenterosa offerta di “aiutino a scegliere” mandata con “pizzino” al “neutrale” Prof. Mario Monti – capo di un Governo dichiarato di puri e tecnici e non di politici (!!??) – dal deputato PD Enrico Letta, in piena seduta dei deputati, per esprimere le mire del suo capo Bersani ansioso di “interagire sulla questione dei vice”. “ Caro Mario…” – si legge assieme alla firma “Enrico”. E se no, a che servono gli amici, e gli amici degli amici? Alla faccia di chi ci aveva creduto. “ Caro amico ti scrivo…”
E sempre da modesto uomo bla, bla, bla,…mi chiedo che cosa sarebbe accaduto se il “pizzino” fosse pervenuto dall’ altra parte dei banchi della Camera. Ma la domanda è pleonastica.
E sempre da modesto uomo bla, bla, bla…mi chiedo come abbia potuto procedere il Monti così speditamente nella scelta dei Ministri, pescandoli, soltanto in un paio di giorni (nemmeno il tempo di leggerne e studiarne attentamente il curriculum e poi di interpellarli), da una folta rosa di “papabili”.
E sempre da sempliciotto, riesco soltanto ad immaginare che il neo Premier già li conoscesse tutti così molto bene – capacità ed idee – uno per uno, per fatti suoi personali da preferirli e affidare loro – che senza alcuna esitazione hanno accettato il compito – i diversi dicasteri. Che tipo di rapporti particolari o accordi già intercorressero (col Monti e tra di loro), poi, è cosa da affidare alla immaginazione, per il momento. Anche considerate la provenienza professionale e le pregresse militanze del Monti. Che dicono – ma non tutti ne sono convinti – essere bravo e brava persona, e senza legami con i “poteri forti” extranazionali. Insomma, non saremmo nel bel mezzo di una “Missione Goldmanfinger”.
Malgrado le perplessità di un modesto uomo bla, bla, bla, non mi resta che sperare bene. A Dio piacendo e a Goldman Sachs spiacendo.
Honi soit qui mal y pense, naturalmente.
Sinceramente non me la sentivo di entrare in questi tre ultimi spazi delle bellissime Note a margine di Lamacchia che non finira’ mai di stupirmi: con una introduzione da intenerire il cuore e dare linfa alla mente, senza che neanche te ne accorgi , ti ritrovi a prendere coscenza della gravita’ del momento che i cittadini italiani, e non solo, stanno attraversando. Ci resta solo da sperare, a noi tutti che pesiamo sul globone, di non farlo, per eccedenza di peso – meglio non esagerare – di non farlo precipitare, altrimenti non potremmo piu’ nulla, neanche consolarci se le tasse che ci imporranno di pagare, dovessero per buona sorte, essere non ‘troppo esagerate’.
Ed anche questo e’ accaduto in autunno. Mala tempora currunt, ma forse cosi’ erano sempre stati, e credo mio malgrado, che sempre cosi’ saranno. Gli autunni continueranno ad essere i giorni del rimpianto, di ogni nostalgia che e’ sempre alle spalle, dei tramonti che fanno dire addio al sole, lo si vorrebbe acchiappare con le mani, ma quello scappa e ci lascia con un palmo di naso. Eppure “…ritroviamo i perimetri domestici / e l’odore dei muri con le impronte / del nostro vivere al coperto del tetto. ” (la bellissima “SENSAZIONI” di M.Lamacchia). E tanti altri “eppure” ci sono in autunno, sguardi lenti che vanno piu’ lontano, siepi stanche del troppo verde e della secchezza dell’estate, smaniose di un po’ di colore ed assetate, almeno in questa terra che e’ diventata anche mia, e diventano un po’ civette, cominciando a mostrare di notte, confusi boccioli che paiono stelle, con un po’ di fantasia e di buona volonta’, ben inteso! E poi ci sono…
Les sanglots longs
Des violons
De l’ automne
Blessent mon coeur
D’une langueur
Monotone.
Tout soffocant
Et bleme, quand
Sonne l’heure
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure.
Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deca’, dela’,
Pareil a’ la
Feuille morte.
Paul Verlaine (1866)