C’ E’ DITTATORE E DITATORE
Che lo spettacolino-siparietto-carosello dei cantimbanchi e saltimbanchi della politichetta made in Italy andasse in onda no stop a beneficio di ogni minus habens che si rispetti era ed è cosa risaputa; ed era anche scontata la previsione che questo fosse il clima giusto per le colture batteriche delle ideologie, nelle teste usate a mo’ di provette, del sottosviluppo mentale-culturale nutrito a colesterolo, acidi urici e liquidi anidri da benessere in chiave di mangiate e bevute. Meno prevedibile era il fatto che movimenti di “pensiero” (passi l’ eufemismo) studiati più a tavola piuttosto che a tavolino, tra una bicchierata e l’altra, potessero sopravvivere e polarizzare l’attenzione di una piccola percentuale del popolo italiano, anche in questi drammatici momenti in cui la consapevolezza e la ragionevolezza imporrebbero a tutta l’ Umanità ben altre concentrazioni di impegno e riflessione autocritica.
Ma tant’ è. Diciamola tutta: si è scoperto ormai da tempo che la furberia italiettara non è appannaggio esclusivo del sud (come da talune frange della intellighenzia parolaia e scribacchina ci si affannava ad omologare) e che, non le longitudini e latitudini, ma soltanto la diversa organizzazione delle filiere e delle catene di montaggio distinguono le ruberie, le corruzioni, le grassazioni, frodi alimentari, evasioni ed esportazione di fondi all’estero da parte di noti personaggi adusi a blaterare a favore delle ‘masse’ povere; non esclusi certi partiti politici che sulle miserie umane hanno fatto fortune. Soltanto i lobotomizzati e le facce di culo continuano a negarlo.
Per non dire delle diverse “consistenze” delle suddette canagliate, sempre debitamente proporzionate alle ricchezze dei contesti geografici che fanno da location. Facciamo un po’ di conti?
E allora? Beh, c’ è chi si fa venire la brillante idea risolutrice di trasferire i Ministeri al nord da Roma che è “ladrona”, ma guarda un po’! mica micio micio-bau bau. Geniale, direi. Ed il povero patetico tira a campare nella parte fissa del “Ditatore”, perché è quello che si aspettano da lui in cambio del voto. Qualche giornale comincia anche ad accorgersene e a parlarne perfino. E il Berlusca, “Dittatore”, che, per non abbandonare la testa sotto la ghigliottina già decisa e bell’ e pronta per lui da tempo dalla fronda, deve lasciarsi ostaggio di certa gente.
Eccovi, in proposito, un mio articolo pubblicato tre anni or sono su Meridiano Sud. Ah, sapessi prevedere così anche i numeri!
Un Masaniello in Lega e la politica del dito. Ovvero: in medio stat virtus ? (settembre 2008)
Non disponiamo, al momento, di dati aggiornati sull’argomento; eppure, è abbastanza supponibile che la gran parte della capacità di acquisto (reddito e patrimonio) degli italiani centromeridioniali venga spesa per l’acquisto di merci prodotte nel nord Italia, nelle cui casse, pertanto, va a confluire e finire, assieme al plusvalore del profitto dei produttori, anche quella parte di danaro che, secondo le teorie leghiste, viene erogata dallo Stato a favore del sud e a danno del nord e dei suoi ‘15 milioni di uomini in camicia verde pronti a prendere le armi’.
In effetti, ogni giorno – tanto per restare tra i numeri – i circa 45 milioni dei restanti italiani, bombardati da raffiche di spot pubblicitari a prevalenza televisiva di matrice nordista, riconsegnano redditi e risparmi alle industrie del nord Italia. I primi vengono fagocitati dalle note catene degli ipermercati distribuiti in tutto il territorio ma che fanno capo quasi tutti a interessi del nord e che non esitano a mettere nel circolo della distribuzione, persino nel campo alimentare, anche reperti ampiamente scaduti e riciclati, secondo episodi assurti per poche ore appena alla ribalta delle recenti e pregresse cronache. I secondi vengono notoriamente assorbiti da una ghenga di banche ed assicurazioni che risaputamente, nel sud Italia, remunerano i risparmiatori in maniera molto più modesta di quanto facciano al nord dove, poi, possono vendere il credito ai locali produttori ad un prezzo molto più basso di quello che richiedono al sud. Et voilà: ecco, in sintesi, il miracolo economico del ricco, fenomenale nord.
Il sistema è quello che ha sostituito il metodo cavouriano: l’invasione del regno borbonico e la rapina degli immensi tesori delle sue banche per risanare il fallimentare bilancio piemontese.
La rozzezza della gestualità bossiana e le espressioni comunicative adatte al suo tipo di interlocutori, sempre perfettamente omogenee al suo lessico tra il bantu ed il boscimano (senza offesa per queste civiltà) del neo Masaniello che ben si chiama Umberto in onore dei suoi Savoia, non necessitano – pernacchie a parte – che vi si spenda un commento, anche se, francamente, fa vomitare il fatto che a dilettarsi di cotanto stile sia un cosiddetto Ministro della Repubblica. Sì, al Dicastero delle Riforme addirittura, ampiamente foraggiato dalla stessa Repubblica a sganasciare alla stessa greppia degli altri coinquilini del Palazzo che egli, tra un boccone ed un rutto digestivo, riesce a criticare. Sempre lanciato mani e piedi nel ripercorso del delirio razzista-fascista, senza ancora avere imparato l’a e la b (la c gliela abboniamo, se no, sarebbe pretendere troppo) delle regole elementari della civiltà democratica, laddove, al contempo, biascica e bofonchia dando del fascista allo Stato che pur lo mantiene all’ingrasso, affidandogli, per insensata donazione compensativa, un Dicastero, mentre l’ingrato (in grado?) Ministro continua a farsi beffe, offendere e minare la coscienza dell’unità nazionale.
Per adesso, il verde tribuno (che, secondo i suoi biografi, dai migliori maestri in verde, sin da piccolo, ha imparato ad agitare il vessillo del dito medio dove concentra le sue virtù, ancor prima di dire ‘ma-mma’ e che poi ha dovuto pagare un extra al suo fisioterapista per riabilitarlo al movimento) parte dall’ostracismo nel nord ai professori meridionali. Ma il progetto si proietta inevitabilmente sui magistrati, funzionari ed impiegati pubblici e privati, carabinieri, poliziotti, guardie di finanza; e l’equazione non potrà non comprendere il boicottaggio ai matrimoni ‘misti’, la esclusione dai concorsi e la ghettizzazione delle famiglie dei meridionali già trapiantati e residenti. Le idiozie del genere ci mettono poco ad allignare nell’humus di menti che oltre un certo livello non ce la fanno proprio. Nel campo delle imbecillità non è difficile fare previsioni concrete, soprattutto con le lezioni lasciateci dalla recente storia, ma che, pare, non sono servite a tutti.
Staremo a vedere.
Nel frattempo, non sarebbe male che, al centrosud, il popolo dei consumatori – popolo sovrano per davvero – cominci a prendere maggiore consapevolezza della situazione e a valutare se sia giunta l’ ora di far capire il proprio peso. Basterebbero un paio di settimane di stretta osservanza. Circoscrivere attentamente i propri acquisti di beni e servizi alla sola produzione territoriale dimenticando le fiat e similari, le barille, i parmalat, i panettoni e i pandori, i galbanini e i gelati di marca nazionale, i mobili di arredo, i sandanieli, le granepadane, le montagne del Trentino; disfarsi delle azioni ed obbligazioni delle società del nord, ritirare i risparmi dalle banche del nord Italia e reinvestire al sud o parcheggiare nello Stato o all’estero, non rinnovare i contratti assicurativi con le note compagnie, regalare ai leghisti l’Alitalia e tutte le altre note società decotte del nord, non farsi fregare dalle pubblicità in tv. Che vadano a sbolognare le loro rimanenze sui ricchi mercati albanesi, rumeni, bulgari e similari. Se vorranno il mare, dovranno venire lo stesso da noi o tuffarsi nel mercurio e affini delle loro coste mignon. Noi abbiamo di tutto per tirare avanti ed un assortito mercato estero, europeo ed afroasiatico, compresi i porti necessari al traffico, per vendere e comprare prodotti di migliore qualità e a prezzo più congruo, e per impiegare i mezzi fruibili, compreso il lavoro disponibile e la capacità sottoutilizzata. Proviamoci, almeno; e vediamo che succede. Basta con i fatalismi e le lagne senza sostanza. Ci serve un minimo di lena e serietà che devono necessariamente accompagnare la voglia matta di farcela.
Già; la gran voglia matta di vedere che quel virtuoso dito medio sfoggiato dal capopopolo all’ indirizzo dell’inno nazionale vada a finire bello dritto e riabilitato ad hoc nel culo degli industriali, dei giocolieri finanzieri e degli speculatori del nord prima che questo si congeli e strizzi per la fifa di perdere il meglio del loro mercato e di restare in mutande. Perché, poi, non potrà venire a depredarci ancora il Cavour di turno. Per coprire le loro magagne, noi abbiamo già dato. Anzi: ce l’hanno rubato, ‘sti ‘bauscia’ delle loro guerre di indipendenza del cazzo. Non possono nascondersi dietro un dito.