UNO
Guardarsi nello specchio del bagno, quello dove segui le operazioni della barba, al mattino, con poca voglia, come una condanna, e poi allarghi le labbra nella solita smorfia esplorativa: per l ‘esame veloce dei denti, sempre in agguato il pericolo del vecchio trabocchetto degli spazi interdentali malgrado l’ uso dello spazzolino rotante last generation. E la smorfia non dona, occorre ricomporre con pazienza la bocca: sempre più anaelastica per via dell’età, non va apposto da sola, la devi risistemare tu, ti alleni e ti posizioni su una specie di sorriso sereno. E speri di portartelo appresso almeno fino al caffè, al bar sottocasa, tra le commessine in attesa dell’apertura dei negozi e gli impiegati che, dopo il tempestivo timbro in ufficio, vanno fuori stanza e vengono lì dentro. Più o meno veloci.
Già, di tuo, ti senti fuori posto: se poi occupi un posto a sedere per uno sguardo al giornale locale, cogli nei gesti, nelle parole, nelle espressioni di quelli un che di disagio, di fastidio. Forse è solo tutto nella tua testa, come un complesso; ed è peggio, perché nessuno ti fila per niente e sei più trasparente dell’ acqua.
E ti chiedi se almeno il sorriso riparato in bagno e che ti sei portato da casa, duri ancora. Lì non te lo puoi aggiustare, come per i capelli che non hai più e meno male che oggi i ragazzi se li radono quasi a zero e questo mitiga la differenza, ti fa tenere un esile collegamento con il loro pianeta a migliaia di parsec di distanza da te
Se nel bar c’ è uno specchio, butti un occhio en passant, non vorresti, eppure se ti capita non ti consola: lì c’è sempre uno con la faccia di michelelamacchia che ti piace sempre meno; ti infastidisce, preferiresti anche tu, come gli altri che ti sono intorno, almeno un espressione diversa. Non dico quella accattivante del vecchio Spencer Tracy, la sfrontata del Belmondo sino alla fine, la rassicurante di Gene Hackman stagionato…ma almeno una chioma, magari grigioinnevata e una vaga somiglianza con un qualcuno qualunque che, almeno una volta, sia venuto in tv a fare casino, passando dal trucco e parrucco, in video con Baudo, Costanzo, Carlucci, Gruber, etc… e pubblico in sala e le domande e le risposte ad effetto assicurato.
E invece, no; tu sei uno con la faccia tristetango di michelelamacchia, consueto, comune, scontato e grigio come l’angolo della strada di casa, che ci passano accanto ogni giorno e non lo guardano nemmeno, ricoperto da annuali stratificazioni di manifesti, bisognoso urgente di restauro ma senza priorità; queste spettano ad altro, ti manca il punteggio. Come ti mancano i capelli, eppure sei brizzolato. Tu, per intero. Anche dentro. E appena ieri, eri ancora figlio; e questo ti faceva sentire che non eri tu il vecchio. E invece, già lo eri, e rissoso anche.
C’ è spazio per due poesie, pubblicate a distanza di diversi anni e di migliaia di cellule cerebrali perdute, l’ una dall’ altra:
ALLA MADRE ( Pensieri in disordine, 1994)
Gli occhi
che avevi
quando venni,
gli occhi
che avevi
quando andai
conosco.
Gli occhi
che avrai
all’addio
già conosco.
SPIAGGE ( Ricadenze, 1999)
Se io stesso prima
non mi abbandono al sonno
che dintorno già sento
vorrei che tu
non ti assopissi ancora
né mai
madre che ti attardi ormai
in segreta preghiera
di parole spezzate
non di lacrime muta.
***
e ritrovare assieme conforto
nel raccontarci i silenzi
che da lunghi anni ed ìrriti
come nel remoto
di opposte spiagge lacustri
vinti
in assenze sconfinate
ed a parte ci tengono
L’ esperienza più importante , più intima, della dipartita della madre. E’ adesso che senti di essere rimasto davvero solo sulla terra, di sentirne tutto lo sgomento, e il mistero dell’ esser nato , senza più la consolazione degli sguardi teneri e delle carezze. Voglia di mettersi a nudo davanti a tutti e non solo a se stesso, quasi una ribellione silenziosa, non si trovano più parole, né persone che possano comprendere. E la faccia si è ridotta ad una espressione statica, insignificante, che nessuno neanche guarda. Eh no! Michele Lamacchia, al massimo “Così è se ti pare” !
… là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’ io torni com’ era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far delle sera.
(Giovanni Pascoli)
Poi verrà la ripresa : dove il corpo un po’ cede, supplirà lo spirito dell’uomo forte , della penna ricca , della cultura e dell’impegno del fascinoso Michele.
Mi dispiace per ciò che mi hai detto,non avevo capito,scusami.Accetta le mie più sincere e
affettuose condoglianze . Cosa altro potrei dirti,in questi momenti, le parole degli altri servono poco.
Beh, Ledy, non ci crederai ma è proprio così. E poi, perdere la madre in 24 ore, quando meno te lo aspetti, ti fa un effetto particolare. A qualunque età. Che mai è quella giusta. E magari non hai avuto il tempo per fare ciò che avevi troppo rimandato. Ed è quello che ho detto, che volevo dire e forse non l’ ho detto abbastanza bene.
Grazie comunque per la bella poesia che hai trascritto.
Michele
Come sei esagerato! Al mattino appena scendi dal letto,non andare subito davanti allo specchio, fai
un po’ di ginnastica facciale e datti una ricomposta,così non potrai vedere la faccia ” tristetango
di Michelelamacchia”
Io vorrei proprio vederti mentre ti sforzi a ricomporre la bocca al sorriso per poi sfoggiarlo tra le
“commessine ” del bar. Gli uomini si risollevano subito quando un bel sorriso di donna,(specialmente se è bella ) li fanno sentire simpatici,speciali e anche ….ecc.ecc.ec.
E’ pericoloso buttare uno sguardo ” en passant “davanti ad uno specchio o ad una vetrina fuori
casa,ti vedi sempre un mostro,chissà perchè.( Naturalmente mi sto riferendo a me).
Se permetti,credo poco a tutto quello che hai detto,non mi sembra che tutto ciò ti riguardi.
C’è spazio anche per questa poesia ? c’entra ?
ANNI
Che senso darai
al pensiero
se più non trovi accordi
nè sintonie che ti convengano
all’incedere degli anni ?
Ti mancano argomenti a sostegno,
oppure,non sai dirne abbastanza.
Tu resti disperato cantore d’amore,
allegoria di poeta sommesso.
Ma le parole sono finite