GENITORI PEONES E ACCATTONI
Da circa un trentennio, ma forse molti di più, è andato via via germogliando, fino a consolidarsi del tutto, l’ orientamento giurisprudenziale e dottrinale che, nell’ambito dei rapporti familiari-genitoriali, pone al centro assolutamente prioritario ed esclusivo l’ interesse della prole.
Quest’ ultima, specie se ancora minore e per la semplice considerazione che è nata senza averlo richiesto ed esiste, è considerata titolare di diritti assorbenti di ogni altra qualsivoglia ragione che possa addursi da parte dei genitori. Ogni interesse di costoro – si parla di quello di tipo affettivo, morale – a fronte del benessere (morale ed economico) della prole, pertanto, viene subordinato se non del tutto sacrificato, e ad ogni aspetto dello status genitoriale viene disconosciuta la qualitas di diritto soggettivo. Per taluni, è tempo che si abolisca persino il concetto di patria potestà. In poche parole – e lo si riscontra specialmente nei contesti delle separazioni dei coniugi o dei ‘divorzi’ – nelle scelte giudiziarie i genitori sono considerati e trattati non come soggetti giuridici ma bensì come entità esclusivamente strumentali alla realizzazione del benessere dei figli minori.
Un genitore separato, ancorché senza averne dato motivo, potrà tenere presso di sé il figlio, o potrà vederlo o sentirlo, goderne dello stare assieme, solamente se e nella misura in cui ciò possa essere di beneficio al bambino o adolescente che sia: dopo il diciottesimo anno il figlio deciderà autonomamente. Se andare a vivere da solo automantenendosi, anche studiando (come avviene ormai da decenni in gran parte dei Paesi civili) o fare il bamboccione/ras casalingo fino a quando (se) terminerà gli studi e poi troverà un lavoro che riterrà ‘adeguato alla sua cultura e alle sue aspirazioni’. E’ giurisprudenza. E lui lo sa. E’ intoccabile. Difficile che rinunci alla sua comoda rendita parassitaria, tassesente, del mantenimento, spesso esteso de facto alla compagna o compagno portato in casa per un anticipo di convivenza. E’ difficile che ci rinunci: dovrebbe possedere almeno un briciolo di dignità, quella vera. E senso del rispetto: roba superata.
Ogni provvedimento giudiziario in materia – provvedimenti che, peraltro, non sono mai definitivi e sono suscettibili di innumerevoli modifiche da parte del giudice – gravita intorno all’ interesse della prole minorenne e dichiaratamente tende a realizzarne meglio la personalità, la crescita, la maturità.
Al genitore separato o divorziato non la legge (come per ogni altro cittadino) ma il mutevole, soggettivo apprezzamento personale del giudice riconosce tutele o addossa obblighi e oneri: le disperazioni, tragedie, sofferenze di cui leggiamo ogni giorno fatte passare per follie, o sagge soluzioni bilanciate trovano il loro diverso fondamento nella diversa ed aleatoria valutazione che, da un Tribunale all’ altro, darà ad un caso analogo un diverso giudice o un abile avvocato riuscirà a spuntare per il suo cliente, in genere, in vena di scambio, di ricatto o di ritorsione.
Solo per inciso, va evocato a latere anche l’ atteggiamento del pianeta scuola, anche superiore, dove i docenti, i dirigenti, gli esecutivi, gli ausiliari sono stati ridotti a posizioni indifendibili e del tutto marginali di fronte al soggetto alunno, unico portatore di diritti. Sempre per il suo benessere, ‘onde realizzarne meglio la personalità, la crescita, la maturità’. Stessa situazione, più o meno, nelle famiglie dove i figli, anche maggiorenni, furbamente consapevoli del loro potenziale giudiziario, non esitano ad assumere posizioni dominanti, e persino violente, nei confronti dei genitori continuamente ‘sotto schiaffo’ dei loro irresponsabili tiranni. Telefono azzurro, telefono nero, TAR e Cassazione …e vai! Da alcune parti, visto il buon successo maturativo, si auspica l’ abbassamento a 16 anni per il diritto di voto. Ma si lascia invariata l’età per la responsabilità penale, ché là la maturazione è diversa, è più lenta. Mah! Questo è un Paese di matti. O no?
Eppure, non si può non prendere atto come, mai come in questi stessi anni in cui tutto è dichiaratamente forgiato su misura del benessere e della loro crescita, i bambini, ancor meno che adolescenti, già manifestano violenza ed aggressività, traviano, delinquono, trasgrediscono, si fanno beffa delle regole sociali più elementari, dei genitori, dei docenti, degli anziani. Si comincia col bullismo. E le pene, se pure sopravvengono, sono puntualmente irrilevanti, inadeguate per un ravvedimento rieducativo e, anzi, nella loro incongruità, danno assuefazione e rafforzano nei non innocui ragazzi la convinzione che è possibile farla franca senza conseguenze apprezzabili. E, magari, ancora una volta sono i loro genitori, portatori di obblighi e non di diritti, che, ex art. 2048 c.c., che devono pagare per loro.
Questa considerazione dovrebbe indurre almeno a rimettere in discussione certe sicurezze aprioristiche, rivedere certi sistemi assiomatici, certe ottiche che, in parole povere, attribuiscono ai minori la qualitas di legibus soluti, ai genitori quella di peones, ai genitori meno fortunati quella di accattoni di affetti, sacrosanti per chiunque ma non per chi ha deciso diversamente.
In questo Paese ‘strafatto’ di robaccia tagliata col pregiudizio, con l’arroganza, con l’ugualitarismo confuso con l’appiattimento in basso, col revanchismo moralista, con l’ignoranza spocchiosa, con la prosopopea giustizialista, con la dose di potere narcisista, con la furbizia, con i prefabbricati mentali e verbali che fanno tendenza, sempre più spesso si straparla e si evoca la Carta Costituzionale, srotolandola a piacere come uno scottex di scorta per una ‘passata’ sul sudiciume che ci imbratta.
Eppure, io credo di non sbagliare molto se affermo che l’evidente e consolidato fallimento comune sopra esposto e il principio di parità sociale e di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, sancito dall’ art. 3 della nostra Costituzione Repubblicana, dovrebbero indurre a ridimensionare questa realtà, cominciando a restituire prima di tutto ai genitori ma anche ai maestri – esigendone, per converso, le giuste responsabilità – quella concreta tutela e dignità giuridica-morale che, nel complesso, prima di essere così malamente mortificate, dettero risultati non perfetti ma senza dubbio più socialmente adeguati per una Umanità che tendeva a conservarsi, a crescere, ed aveva spazi per farlo e ragionevoli prospettive evolutive. Nell’ interesse degli stessi individui e della intera collettività. La famiglia e la scuola, ad onta dei loro denigratori, sabotatori o scimmiottatori, ab immemorabile e per ordine naturale delle cose rappresentano entità fondamentali per una Umanità disgregata bisognosa sempre più di basi solide e durature avendo sperimentato strade dissestate che non portavano a nulla. Il nulla dove si dilatano i mari del vuoto in cui annegano le disperazioni degli stessi adolescenti nei modi che sappiamo.
Questo, in Italia, da un bel po’. Conoscete efficaci alternative? Pronto a ricredermi.