“SI” E’ SI…NISTRA? “NO”…SSIGNORE!
In relazione agli esiti – abbastanza scontati e prevedibili, dati i presupposti – dei quattro ultimi referendum, si usa (a sproposito) inneggiare all’alta percentuale di votanti (circa il 57%), alla “valanga partecipativa” degli aventi diritto, e ci si dimentica, o si finge di dimenticare, tanto per continuare a manipolare le teste pensanti, che questi sono dati che impallidiscono al confronto con precedenti referendum (maggio 1974) dove la quota dei votanti fu veramente alta, dell’87,70% circa. Eppure, nessuno, per questo motivo, chiese al cattolico democristiano Capo del Governo in carica Mariano Rumor di dimettersi o al Parlamento di sciogliersi. Anzi, i democristiani cattolici si perpetuarono con le Presidenze dei loro massimi esponenti: Aldo Moro e Giulio Andreotti.
L’espressione di un SI o di un NO su quesiti che interessano tutti i cittadini, di destra, di centro e di sinistra, apolitici, agnostici, extraparlamentari, non reagisce sulle loro idee politiche e scelte elettorali, diverse e differenziate, non è un voto di promozione o di bocciatura al Governo, come per una sorta di automatismo inventato ed enfatizzato, peraltro, soltanto dalle diverse frange politiche di opposizione e che rappresentano soltanto una parte (del tutto indefinita) dei SI abrogativi. Conosco, infatti, cittadini di centro sinistra che, almeno su alcuni quesiti, sono per il NO e cittadini di centro destra che, almeno su alcuni quesiti, sono per il SI. Allo stesso modo si sono espressi gli elettori di centro e gli agnostici.
Per questa elementare considerazione, il vincente fronte del SI non rappresenta una entità omogenea né, tanto meno, una entità politica, né una forza elettorale. Come avvenne anche per la vera valanga di No per la abrogazione della ”peccaminosa” legge sul divorzio (promossa dal cattolico Amintore Fanfani dell’ aristocrazia democristiana) e nessuno si arrischiò ad essere preso per matto o a pernacchie ad ultrasuoni, chiedendo le dimissioni del cattolico Capo del Governo e lo scioglimento delle Camere. Immaginate come potrebbe funzionare un Paese, se ad ogni esito referendario abrogativo espressosi a favore dei SI si dovesse dimettere il Governo in carica e sciogliersi le Camere? Siamo seri.
La verità è che ciascuno dei cittadini che, in sede di referendum (abrogativo di una legge, ricordiamocelo), ha compattamente espresso il SI, in sede di votazione elettorale ha già votato e scelto un diverso partito, e poi si diversificherà ancora scegliendo uno dei numerosi e diversi partiti e partitini politici, di maggioranza e/o di minoranza. Identificare e spacciare il SI come sinonimo di Sinistra è imbroglio, illusionismo, manipolazione della realtà, una evidente strumentalizzazione consumata in danno dell’ elettorato. Il fingere che l’esito dei referendum rappresenti un recupero e un trionfo della sinistra è un raggiro perpetrato ad usum delphini: si conosce fin troppo bene, purtroppo, l’attrazione fatale che esercita su certe masse nostrane il carro del vincitore: salirvi è la meta agognata di molti. Non per caso, alcuni politici ben in vista nell’aristocrazia dell’ opposizione italiana, sin dal primo giorno dell’ insediamento di questo Governo in carica, si sono guadagnati il lauto stipendio soltanto ripetendo la solita tiritera: “Il Governo non ha più i numeri, si dimetta, vada a casa!”: mai visti fare o dire altro di utile o di costruttivo. Insomma, mai visti lavorare.
Non è lecito far credere il contrario; non è lecito far credere che ciò rientri nella dialettica delle democrazie rappresentative delle maggioranze composte da uomini legittimamente scelti nelle opportune sedi per legiferare e per governare. Le maggioranze, tramite i propri eletti, hanno diritto/dovere di legiferare e di governare fino a quando non vengano sfiduciate nel e dal Parlamento, non dalle sobillanti esternazioni radiotelevisive, non nelle sommosse di piazze, dagli assedi alle abitazioni private o alle sedi istituzionali, né con la cartellonistica nelle scuole e persino sugli altari delle chiese durante la messa (come hanno fatto certi preti), né tramite le dichiarazioni di una CEI (in piena crisi di identità e di credibilità, e disorientata per le note miserabili vicende del suo clericato più volte svergognato), né da chi, non sapendo fare il proprio mestiere prova a fare quello di altri o vuole annettersi nuovi poteri, né in altra sede. I referendum – non a caso, chiamati “popolari” – su singoli quesiti (in genere, di opportunità tecnica o etica) hanno la diversa funzione di fare esprimere direttamente ai cittadini il loro vincolante pensiero su alcuni problemi collettivi, secondo le loro personali valutazioni culturali. Chi ha paura del nucleare, poi, per esempio, può essere di sinistra o di destra, o di centro, o agnostico, e vota SI, per l’abrogazione di una legge che lo ammetta. Ciò accadde anche per il referendum sul divorzio dove circa il 60 % dei votanti (quella sì che fu una vera valanga!) non indusse certamente il governo dei cattolici democristiani, sonoramente smentito, a dimettersi. Non è un caso che in relazione a leggi su alcune materie (leggi tributarie di bilancio, di amnistia ed indulto, di autorizzazione a ratifica dei trattati internazionali) il referendum abrogativo non è ammesso.
Da un lato, si è stigmatizzato il Premier (il cui Partito ha, tuttavia, pubblicamente dichiarato di lasciare i propri elettori liberi di scegliere liberamente il SI o il NO secondo coscienza) per aver detto che non sarebbe andato a votare e, dall’altro, si è accettato (comodamente) che il Capo dello Stato abbia dichiarato: “andrò a votare e farò il mio dovere di cittadino”, laddove, votare al referendum non è assolutamente un dovere e astenervisi, anzi,è un diritto. Si sostiene che la dichiarazione del primo abbia influenzato gli aventi diritto, dissuadendoli dal recarsi alle urne: se così fosse davvero, dovremmo logicamente dedurre che il Premier abbia ancora un seguito di ben 21.680.104 fans-aventi diritto che ne hanno accolto il cosiddetto implicito invito! Roba da formare il più forte partito tra gli altri! Fantascienza. Comunque, bisognerebbe sempre consultare, prima, i tecnici e gli esperti: a cominciare dal comico Beppe Grillo, il molleggiato illuminante Celentano, la satirica Guzzanti, Don Michele Santoro, Padre Fabio Fazio, la noblesse dei vignettisti e chierichetti di contorno, e tutta la CEI che sta lì apposta per questo, trascurando le necessarie pulizie di casa malgrado il fetore crescente.
D’altro canto, a domande referendarie artatamente riformulate sommariamente all’ insegna della demagogia e spiegate populisticamente in questi termini semplicistici: L’acqua deve essere di tutti? L’acqua va gestita pubblicamente? Hai paura del nucleare? Di fronte alla legge siamo tutti uguali? Che altra risposta ci si poteva attendere?
Solo un SI grande come una casa. Anche se i contrari (sommando i NO espressi e i NO impliciti dei non votanti) ammontano a ben il 46 % degli aventi diritto: e non se ne può prescindere, non sono pochi, se vengono rapportati ad un unico orientamento politico, e non ad una miriade di partiti e partitini donde sono pervenuti, invece, i SI.
Personalmente, resto del mio parere: governi o si proponga come alternativa di governo chi vuole, purché ne abbia la necessaria capacità, la solida forza del consenso, l’ onestà di perseguire davvero l’interesse del Paese, non ne faccia un conveniente mestiere e abbia il vero, inderogabile culto delle regole democratiche e non soltanto l’esteriore formalità demagogica. Non illudiamoci: tutto il resto, da qualunque parte si trovi, è ciarpame da discarica, rifiuti tal quale, senza nemmeno il pregio della differenziata.