DOMENICA MATTINA: ERA DE MAGGIO…
Ho tante cose da fare, ma oggi le carte migliori della partita quotidiana sono in mano ad un accentuato senso di precarietà dissuasiva: oggi votano in circa 13 milioni per le amministrazioni locali, ma sarà comunque un test di tipo politico. La propaganda per il proselitismo, per le conversioni e per le sconversioni è stata, a dir poco, indecente, una ingiuria per le coscienze libere ed oneste che hanno avvertito il fetore del raggiro e dell’ ipocrisia provenire da più parti. Il concerto accattivante dei pifferai è stato stomachevole, incessante. Da noi è spettacolo no stop, ci campano (bene) pletore di guitti saltimbanchi e cantimbanchi, nullità, di falliti, di bocciati, di rimandati. Certo che Ungaretti non si riferiva a questa situazione quando scrisse: “ Si sta come d’ autunno sugli alberi le foglie”, ma ci calza ugualmente.
Come non vedere, come non sentire morire ogni giorno il benché minuscolo residuo brandello del piacere di vivere in una realtà ormai gestita a man bassa da un’ orda di selvaggi e trogloditi, da ubriachi o assetati di potere e di sangue, da magnacci della buona fede altrui, dai pupari della dabbenaggine altrui, da pazzi scatenati, da pusher che spacciano la promessa elettorale tagliata con la chiacchiera ad effetto allucinogeno, da coloro che bocciano ed ostacolano ogni riforma per la smania di conservare i loro privilegi consolidati, da tossici che sniffano e spacciano odio sociale, che sono stati capaci di conculcare diritti fondamentali dell’ uomo e del cittadino, distruggere ogni certezza, ogni speranza, facendosi beffa della cultura che non sia la loro incultura, la loro insipienza, la loro becera arroganza, la loro assoluta intolleranza. In un Paese dove si tollera e si deve tollerare (per decreto) di tutto, tranne che una diversa idea politica, il senso critico è morto e sepolto: sulla sua tomba danza freneticamente una vecchia e sterile stracciona pidocchiosa e alcolista che canta vittoria: la polemica. Che, agli occhi dei ‘diversamente civili’, ha lo stesso effetto di una sirena incantatrice.
I più si formano opinioni gregali attinte dal gossip giornalistico e credono ciecamente in apparenze di verità, verosimiglianze ad adjuvandum dei loro pregiudizi, il manicheismo impera, pochi ne scampano: chi, per equilibrio ed equidistanza, dubita, chi cerca davvero la verità viene ostacolato, sbeffeggiato, disprezzato, etichettato. E’ una delle grandi piaghe dell’ umanità: l’ignoranza presuntuosa, supponente, tracotante che sta devastando la nostra terra. E gli esempi vengono direttamente dall’ alto (che poi alto non lo è per niente).
Miserere per questo mio Paese che si fa le pere, che si suicida ogni giorno, orfano di genitori e di tradizioni, svenduto, accaparrato, sbranato in diretta tv innanzi ad una platea acclamante, avvinazzata, furbetta, complice, fideista e omissiva. Paese le cui famiglie aborrono la guerra per i morti che genera, ma che accettano fatalisticamente i numerosi morti nelle stragi dei sabati notte.
Ormai siamo un popolo che rischia concretamente il reato di opinione: molto presto le menti indomabili dovranno cercarsi dei vecchi gommoni e chiedere asilo politico. E non li accoglierà nessuno, perché gli hanno distrutto anche il futuro. A noi italiani ci hanno imbrogliato anche il dna, ci vogliono disorientati, in over dose di acrisia, maneggiabili senza pericoli. Ci hanno messo mordacchia e paraocchi.
Si sentono onnipotenti giganti questi nani paludati che calzano e nascondono i trampoli. Che Dio non li aiuti quando verrà il loro momento. Perché questo verrà, per conto suo, per cadenza ciclica, per destino o anche per Divina Provvidenza, che, se vogliamo – crederci o non crederci – anche questa non scherza quando tocca a lei d’ intervenire, e lo decide senza preavviso. E per quel momento, spero che il nostro peggior male pandemico nazionale, l’ amnesia perniciosa, non impedisca di comprendere e di trarre insegnamento per tentare la strada di un mondo migliore. Per uomini che lo meritino per davvero.
Io no so se ci sarò o se sarò tra quelli meritevoli. Ma benedetto sia il dubbio.
אל מלא רחמים
שוכן במרומים
E’l malèh rachamìm
shochèn bamromìm
God full of mercy
who dwelles in the heights
MISERERE
Dicono di te che non ci sei,, Signore,
e tante altre mille cose, forse troppe
per uno che non c’è.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che sa bene che non ci sei,
per l’uomo che sa bene d, essere solo un caso,
per l’uomo che sa bene di non avere anima.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che ti ode e ti vede,
per l’uomo che cara si custodisce l’anima.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che non abbisogna di fede,
per l’uomo che non abbisogna di anima.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che gli occorri,
per l’uomo che l’anima la vuole.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che spreca il tempo della sua vita
a pregarti con tutta l’anima che non c’è
per l’uomo che spreca il tempo della sua vita
a negarti con tutta l’anima che non c’è.
Miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che confida,
per l’uomo che diffida
delle promesse fatte all’anima che non c’è.
Miserere, Signore che non c’è,
per me che non sapevo che non ci sei,
per me che non sapevo d’essere senz’anima.
E miserere, Signore che non c’è,
per l’uomo che sono e che non c’è,
miserere se ancora ti cerco
come un’antica terra promessa,
con tutta l’anima che non c’è.
Michele Lamacchia
(dalla raccolta Albate)
L’indignazione del poeta , ma soprattutto del suo essere uomo, in un momento di una società in confusione, in caduta di valori che tanto gli stanno a cuore, viene fuori tante volte, ed anche da questa nota a margine, come un pianto di dolore, una sofferta e percepita consapevolezza di non poterci fare nulla, indignazione che altro non è se non un canto d’amore, e dice: “….Miserere per questo mio Paese che si fa le pere, che si suicida ogni giorno, orfano di genitori e di tradizioni, svenduto, accaparrato, sbranato in diretta tv innanzi ad una platea acclamante…”.
E rachamìm, miserere, anche per tutto il Medio Oriente.