UNA VOCE POCO FA…?
Mamma mia! Come corrono le voci!
Anche se: “Vanae voces populi non sunt audiendae”, sembra che queste riescano a trasvolare terre e mari e giungano lontano, molto lontano. Missili a grappolo del micidiale tipo sperimentato del ‘dove cojo cojo’.
Al mio decaquiz ( v. Note a margine n. 30) sui possibili motivi della scarsa partecipazione e di interventi sul mio blog, Helena, assidua lettrice ed arguta commentatrice, ritiene di individuare quelli di cui alla ipotesi n. 8 (“Convinzione che in questo nostro Paese siamo tutti in libertà provvisoria, spiati, intercettati, ‘attenzionati’, sorvegliati speciali, e conseguente timore dei grossi rischi che si corrono, ormai, ad esternare il proprio pensiero, esposto ad ogni interpretazione di comodo da parte di qualcuno che possa schedarci opportunamente e sottoporci ad effetti distruttivi, irreversibili”), ed aggiunge: “… con tre ‘vallette’ : la numero 7 alla sua destra (“Scarsità di coraggio per esprimere condivisione ed uscire dal mediocircolante gregge ‘appecorato”) e la numero 9 (“Poca o nulla fiducia nei principi della libertà e della democrazia, dello Stato di Diritto, rebus sic stanti bus”) e la numero 10 (“Rassegnazione, pratica del que sera sera, accettazione fatalistica degli “ultimi giorni di Sodoma e Gomorra”), pari merito”.
Anche se l’ audace teoria di Helena – che non sembra averci pensato due volte a rispondere a stretto giro – fosse fondata, come si potrebbe condannare il fragoroso silenzio dei seguaci ed adepti dell’ indiscutibile, commiserevole principio del “c’ho famiglia!” ? L’ istinto di conservazione è una delle risorse più naturali dell’ essere umano. Figuriamoci, poi, dei poveracci esemplari di gente comune.
Questa mattina, seduto a gustarmi il secondo (ed ultimo caffè quotidiano; a proposito: ascoltatevi su Youtube lo storico “El ultimo cafè” di Hector Stamponi, una delizia musica e testo) al mio solito bar dell’ angolo, mi è accaduto di leggere sulla Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, diffuso quotidiano del sud Italia, che in una scuola di Taranto, un ragazzino di 13 anni viene fatto oggetto di dileggio e insulti pesanti da parte dei suoi compagni di classe con termini come “infamone” che, nella locale mentalità marchia a fuoco agli occhi della società: vale spione, infame, tristo, scellerato, obbrobrioso, nefando, etc
Il motivo scatenante di cotanto disprezzo? Il ragazzino aveva manifestato il desiderio (da grande) di diventare magistrato, specificatamente p.m., figura che, per via dei continui bombardamenti mediatici, il piccolo deve aver elaborato, a suo modo, in termini “eroici” e di “superpoteri”.
Una volta fantasie ed entusiasmo fanciullesco erano per Robin Hood, Zorro, Uomo mascherato, Mandrake, e similari. A’ suivre: Superman, Nembo Kid, Spiderman, Batman… che potevano fare ciò volevano e la gente comune no. Volare, leggere nel pensiero, conoscere i segreti, ascoltare e vedere di lontano, sfrecciare, sovrastare, potere e prepotere no limits… e la gente comune no. Dicono i campani: ‘O cumannà è meglio d’ o fottere… Lu cumannà è’ meglio che fotte. Intelligenti pauca, à bon entedeur salut!
Una volta, in Italia, se un bambino di tredici anni avesse detto di voler fare il magistrato p.m., i compagnucci lo avrebbero ammirato, considerato con rispetto, forse, anche emulato. Oggi, invece, lo chiamano addirittura “ infamone”, nel senso sopra spiegato. Diamine!
Dai, esageriamo in citazioni: Vocem funestam amputari oportet, quam audiri?
Come sono cambiati i tempi! E i bambini di oggi!
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“Vanae voces populi non sunt audiendae”, sembra che queste riescano a trasvolare terre e mari, e giungano lontano, molto lontano.
Bellissima apertura questa della nota a margine n. 31, con la musicalità di una lingua latina, che non parliamo più e che chiamiamo lingua morta, ma più bello sarebbe forse chiamarla soltanto antica; mi invita ad accostargliene un’altra, come per non lasciarla sola, quella della lingua ebraica, la stessa frase tradotta:
” kolòt reiqìm she e’in ha’am shomèa” e vanno anch’esse lontano, magari nel senso inverso, come in un lungo tragitto a doppio senso di circolazione, e ‘cojono dove cojono’ come fossero grappoli di uva, a sgranare chicchi e spargere succo vitale.
E mentre scrivo e ascolto “el ùltimo cafè” che Hector Stamponi sta suonando al pianoforte, una melodia che riconduce ad un tempo passato che non c’è più, ma che proprio una , a volte, deprecata tecnologia, ci sa dare delizie non solo ascoltando, ma perfino vedendo, il bravissimo musicista che già non c’è più, muovere le sue mani sulla bellissima tastiera del suo pianoforte. E’ troppo poco dire grazie a lui, e al carissimo amico Lamacchia per il consiglio che ci ha dato, e per le sempre grandi emozioni che sa regalarci, anche qui in queste note a margine.
Tredici anni, sono pochi o sono tanti, veramente non saprei dare una giusta risposta. Così, d’istinto, mentre leggevo la notizia, mi sono immaginata, come fosse un bel disegno tra le fiabe di un bel libro, un bambino vestito da Pubblico Ministero, con la toga sulle spalle, con tanto di bei cordoni e fiocchi d’oro, che aspettava là, in piedi , non si sa bene che cosa, forse consenso ? o un bel complimento per quanto era bello ? od occhi verdi di una bella bimba che, ammaliata, gli corresse incontro per prendergli una mano e guardandolo con dolcezza negli occhi, esprimergli tutta la sua ammirazione. Ed anche io, mentre immaginavo, sono corsa verso di lui, gli ho preso la bella capoccia tra le mani , e me lo sono abbracciato ! un flash è corto secondi, ed il racconto della Gazzetta del Mezzogiorno, così bene riportato e commentato, è andato avanti nella sua cruda realtà: “Infamone” – gli hanno gridato – e chissà se nel coro delle ‘voci bianche’ c’era anche quella di una tredicenne, compagna di classe.
Come sono cambiati i tempi! E i bambini di oggi!
E noi mo’ , che siamo diventati un po’ più grandi, che cosa facciamo ? forse ci stupiamo (che bella parola!) dicendo……………………….(continua)
Leggendo sempre con tanto interesse , da qualsiasi numero siano esse contraddistinte, non posso fare a meno di notare quanto questa n.31, mi metta un pochino in difficoltà ad incominciare a scrivere qualcosa, a quale argomento dare la precedenza . Tutti infatti spingono in tentazione, ma la diversità di umori è davvero così grande, che una come me , che per natura si lascia con troppa facilità prendere dal sentimentalismo, dalla nostalgia, dalla tenerezza, ed avendo sempre a cuore l’ Uomo con tutte le sue problematiche che la Vita gli riserva, come fosse dono dovuto per essere venuto al Mondo, o alla Luce, come suol dirsi, non sa se prima immergersi nelle dolci acque , e tiepide, dell’ amore in qualsiasi senso inteso, oppure crucciarsi per le lacrime, più che per i sorrisi, a cui la specie umana è , senza via di scampo , sottoposta. E niente cambia dove viva viva….? penso proprio di no, anche se le differenze ambientali , climatiche e, ancor più , culturali, esistono, non sono quelle a poter togliere o alleviare il pesante fardello che ogni società o territorio racchiude nel proprio interno.
Eh già ! ma qui il tempo è passato e sono costretta a rimandare a dopo; sarà soltanto una continuazione e non un nuovo commento, lo prometto!
Con tanta simpatia ed un cordiale saluto.