Note a margine n. 9
Da “I SERMONI di Alexander Grigorij Bukhanrase” 1998), mi accade di rileggere spesso l’ 85°, che, pubblicato circa 13 anni or sono, ritengo profetico e di grande attualità. Lo riporto per intero. Che ne pensate?
“ Alcuni popoli a volte invocano a gran voce rapide riforme di un certo ordine o sistema sociale che di per sé sia ancora valido. Ciò avviene soprattutto perché hanno dovuto rilevare che, tuttavia, in quell’ ordine o sistema qualcuno ha potuto abusarne violando impunemente le regole sociali, così ingenerando l’ idea di una necessità impellente che invece non esisterebbe o il profondo desiderio di mutamenti estremi e di segno opposto.
Ciò porta inevitabilmente ad una contrapposizione netta tra i cittadini (che si sentono vittime effettive o potenziali) ed i membri buoni di quell’ ordine o sistema i quali, per difenderlo e conservarlo, finiscono per comportarsi o apparire complici o favoreggiatori dei loro cattivi colleghi.
Così avviene che la spinta riformistica aumenta proprio in proporzione alla resistenza conservatrice, e diventi ansia, smania, inquietudine ed anche furore.
E allora, per evitare riforme sbagliate ed emotive, non servono benevole autodifese, autopromozioni, né bastano spiegazioni di carattere tecnico che non acquieteranno mai rancori o paure, né giova rappresentarne il pericolo di potenziali ingiustizie a cittadini che già ne stanno vivendo di effettive.
Occorre, invece, riacquistare la credibilità, la fiducia dal popolo: e l’ unico modo è quello di restituirgli rispetto dimostrandogli che quello stesso ordine o sistema possiede la capacità e la vera volontà di prevenire gli abusi e di punire puntualmente, realmente e con efficacia, anche rimuovendoli, i propri membri che violino le regole: non soltanto quelle proprie interne e tecniche, ma anche e soprattutto quelle generali e inviolabili dei cittadini per i quali, solo per i quali, ogni società, ordine o sistema, anche se dotati di autonomia ed indipendenza, sono stati costituiti ed hanno legittima ragione di esistere ed operare.
Perché, soltanto l’ effettiva autodisciplina, la irreprensibilità e la capacità di rapportarsi al prossimo rendono un ordine o sistema degno della indipendenza e della autonomia, che non siano arbitrio e prevaricazione, a qualunque fine questi siano preordinati ”